Il legale della Comunità di Sant'Egidio che li ha difesi aveva invocato per loro lo stato di necessità, per salvaguardare il diritto fondamentale all'abitazione
“Non costituisce reato“. Con questa motivazione il Tribunale di Milano ha assolto 7 nomadi romeni per l’occupazione di un terreno di via Cima a Milano con la loro baraccopoli. I giudici hanno probabilmente riconosciuto l’esimente dello stato di necessità e dell’assenza di alternative che ha spinto otto famiglie ad insediarsi abusivamente sul terreno. Il legale della Comunità di Sant’Egidio che ha difeso i sette durante il processo, aveva invocato infatti per loro lo stato di necessità, “per salvaguardare il diritto fondamentale all’abitazione e per poter riparare sé stessi e le famiglie con bambini, senza causare danni a nessuno”, in un terreno che era – ed è tuttora – inutilizzato.
“La sentenza – dichiara la Comunità di Sant’Egidio, che dal 2011 segue le famiglie – è importante perché è un forte ‘stop‘ alla criminalizzazione della povertà. Le otto famiglie vivevano nelle baracche non per scelta ma per la povertà e l’assenza di alternative”. La baraccopoli era abitata da otto famiglie con minori, tutti iscritti regolarmente a scuola, dall’asilo nido alle superiori, ed era stata sgomberata il 15 marzo 2015, contestando agli occupanti il reato di “invasione di terreni ed edifici” compiuto “insediandosi all’interno di baracche fatiscenti utilizzate come dimora abituale”.
Oggi, con il sostegno di Sant’Egidio, tutte le otto famiglie vivono in casa, continuano la scolarizzazione dei figli e in ciascuna almeno un componente lavora. “La povertà non si sconfigge con le ruspe o le denunce che intasano i tribunali, ma con seri progetti di accompagnamento sociale” sottolinea la Comunità di Sant’Egidio.