Interviene l'ex premier a fronte delle evoluzioni delle ultime ore tra i vari attori che avrebbero dovuto formare la coalizione con Renzi alle prossime politiche. Il fondatore dell'Ulivo in mattinata ha anche visto il "pontiere" dem Fassino. Sul futuro si è detto comunque ottimista, invocando nuovi tentativi di dialogo
“Non tutte le frittate finiscono con il venir bene…”. Romano Prodi, quello che avrebbe dovuto essere il garante delle trattative per la coalizione di centrosinistra, di fronte alle ultime evoluzioni e al fallimento del progetto di dialogo con il Pd, si lascia andare a qualche considerazione. A chi, a margine di un evento a Roma, gli ha chiesto se Giuliano Pisapia abbia fatto bene a fare un passo indietro, il fondatore dell’Ulivo ha prima preso tempo e poi ha dichiarato: “La sua non è stata una defezione, perché Pisapia non aveva deciso. Aveva studiato il campo e poi ha concluso che non era cosa”. In mattinata proprio Prodi ha visto il “pontiere” Piero Fassino, incaricato dal segretario dem di sondare gli animi tra gli alleati.
Negli ultimi giorni le cose a sinistra di Matteo Renzi sono evolute velocemente: prima la nascita della nuova formazione Liberi e Uguali a guida di Pietro Grasso, poi l’addio dell’ex sindaco di Milano e quindi lo svuotamento di Campo progressista, infine l’annuncio di Angelino Alfano che non si candiderà. Che significa per il segretario dem una grande solitudine in vista delle politiche e una serie di piani da rifare da capo.
Prodi ha comparato la situazione dell’ex sindaco di Milano con quella avvenuta tra lui “e Fassino quando la colla non ha funzionato”. L’ex premier ha anche detto di essere in qualche modo ottimista. “Il processo va avanti. Si tenterà di nuovo perché è un processo importante ed utile al Paese. Pisapia ha esplorato e non ha trovato in se stesso o nel gruppo di riferimento motivazioni per andare avanti. E questo mi dispiace”, ha concluso. D’altra parte, ha osservato Prodi sul palco di “Più libri più liberi”, “la stessa crisi c’è anche a destra”. “Il problema è che bisognerebbe ricominciare da capo. Io a suo tempo non ho inventato un granché ma c’era un disegno preciso di mettere insieme forze e contenuti. Mi criticarono per il programma di 400 pagine, ma quello di 140 lettere non è molto più soddisfacente. Un programma politico può anche essere di sei volumi. Ma con una coalizione ampia si deve scrivere. E’ senso di realismo. Perché i tedeschi ci mettono sei mesi a fare il programma di governo? Pensate non sappiano né leggere né scrivere?”.