DUE SOTTO IL BURQA di Sou Abadi. Con Félix Moati, Camélia Jordana, William Lebghil. Francia 2017. Durata: 88’ Voto 3,5/5 (DT)
Armand e Leila, follemente innamorati, studiano scienze politiche a Parigi. Lui è figlio di rivoluzionari iraniani fuggiti dalle grinfie dell’ayatollah a fine anni settanta. Lei è figlia di immigrati nordafricani e vive con il fratello più giovane nel quartiere Barbes. Tutto si incrina al ritorno del fratello maggiore di Leila, Mahmoud, rigenerato nel corpo (barba nera, tonaca lunga fino ai piedi, copricapo d’ordinanza) e nello spirito da uno “stage” nello Yemen, assieme ai sunniti Fratelli Musulmani. Da quel momento impedirà con forza e violenza ogni occidentalizzazione da infedeli in famiglia, rinchiudendo la sorella in casa. Il fidanzato, per poter rivedere l’amata, si traveste da Sheherazade, ovvero una donna con niqab nero di cui si intravedono solo gli occhi e che si finge istitutrice coranica per Leila e il fratellino. Mahmoud acconsente, ma si innamora, non ricambiato, dalla misteriosa Sheherazade. Quando A qualcuno piace caldo incontra l’estremismo religioso, nella fattispecie i musulmani radicali, si strappano i poster della blasfema La Dolce Vita ma si snocciolano battute a raffica su restrizioni morali, alimentari e di vestiario dell’Islam più oscurantista. Operetta briosa e leggera, un po’ pochade e un po’ commedia degli equivoci, con una regista (esule iraniana) che affronta di petto un tema delicatissimo e lo palleggia rapido, incisivo, sarcastico, senza offendere nessuno. Quasi come fosse un novello Billy Wilder screziato alla Lubitsch e con l’aggiunta di un’olivina buonista alla Quasi Amici. Godibilissima la citazione cinefila di Shining. È il classico film di cui si dice sempre: “in Italia non lo sapremmo fare”. Vero.