“Sono stato io a mettere il tallio”. Mattia Del Zotto, il 27enne di Nova Milanese in cella per aver avvelenato i familiari uccidendone tre, ha risposto per due ore alle domande del gip di Monza, Federica Centonze. Ha confessato di essersi occupato “personalmente” di contaminare tisane e alimenti che sapeva essere abitualmente consumati dai parenti. Lo ha fatto “sfruttando la vicinanza degli appartamenti” dei nonni e degli zii. E al giudice – che gli contesta il triplice omicidio e i cinque tentati omicidi, con l’aggravante della premeditazione – ha ribadito la motivazione alla base del suo gesto: “Per punire gli impuri”, in base, si è limitato a dire il suo legale, “a una sua interpretazione dell’ebraismo e a una particolare visione che ha del mondo, della realtà e delle cose che ci circondano”. L’avvocatessa, Silvia Letterio, ha chiesto al gip una perizia psichiatrica “per verificare la capacità di partecipare al processo” per capire se il giovane si “è reso conto di dove si trova ora e di quello che gli può accadere”.
Nell’architettare il suo piano, Del Zotto avrebbe preso spunto da alcuni casi di avvelenamento da tallio, sostanza chimica un tempo contenuta nei topicidi, avvenuti quando era un bambino a Varmo, il suo paese di origine in provincia di Udine, dove la famiglia trascorreva le estati. Il 27enne ha cercato di comprare la sostanza da sei diverse ditte, prima di riuscire ad acquistarla dalla stessa impresa di Padova che nel 2014 aveva venduto l’acido ad Andrea Magnani, complice della coppia Martina Levato e Alexander Boettcher.
Del Zotto è stato tradito dalle mail scambiate con il personale della ditta padovana e le ricevute, salvate nelle bozze di un account che aveva aperto a nome di Davide Galimberti. Decisive sono state anche le celle che il suo telefonino ha agganciato il 16 settembre scorso, quando, con la scusa di un colloquio di lavoro, è andato a Padova per recuperare il tallio, pagato in contanti per non lasciare tracce. Quel viaggio è stato un evento eccezionale nella vita dell’ex magazziniere, che da due anni si era praticamente chiuso in casa: aveva eliminato dalla sua stanza tutto quello che non era ‘essenziale’, mangiava poco, niente alcol né dolci. Non toccava il telecomando, non guidava, non voleva il riscaldamento in inverno. Aveva inoltre chiuso con amici e parenti e aveva lasciato la palestra.
La sua unica finestra sul mondo, a quanto hanno raccontato i genitori ai carabinieri, era il computer, protetto dalla password “gloriosoDio”. Secondo il racconto della sua madre si era avvicinato a una “specie di setta” chiamata Concilio Vaticano II. Il ragazzo, invece, ha spiegato agli inquirenti che da tre anni sta approfondendo la religione ebraica. Viste le condizioni di Del Zotto, la direttrice del carcere di Monza ha deciso con il procuratore Luisa Zanetti e con il pm Carlo Cinque di sottoporlo non solo a un regime di sorveglianza intensivo, ma anche a un monitoraggio continuo da parte degli psichiatri della struttura per valutare il suo stato di salute mentale.