La corsa del bitcoin non conosce sosta, ma la crescita esponenziale del valore corrispondente potrebbe interrompersi bruscamente con conseguenze devastanti per chi ha scommesso sulle regina delle cryptovalute.
Eric Pichet, economista che insegna alla Kedge Business School, ha recentemente paragonato la bolla del bitcoin alla mania di comprare tulipani nel XV secolo o alla bolla speculativa di Internet del 2000 e ha previsto il tramonto del fenomeno intravedendo due possibili cause, una criminal-tecnologica e l’altra politica. Il professore francese è cosciente che una sorta di gigantesca rapina “a mouse armato” ad opera di pirati informatici all’assalto della piattaforma “blockchain” di questo sistema metterebbe in fuga la collettività di risparmiatori e investitori, mentre un divieto assoluto da parte della totalità dei governi provocherebbe ex lege l’inutilizzabilità di tali risorse finanziarie.
Pan Gongsheng, vice governatore della Banca Popolare della Cina intervenuto al Forum finanziario di Shangai, non ha fatto mistero delle sue preoccupazioni in ordine alla solidità del sistema. Anche se il bitcoin (le cui transazioni erano operate per l’80 per cento in Cina) non ha sofferto affatto dei provvedimenti con cui il governo di Pechino ha bloccato i cosiddetti ICO (Initial Coin Offering, ovvero dei mezzi non regolamentati di crowdfunding) e gli scambi in criptovaluta, i rischi per i piccoli risparmiatori sono altissimi e Pan Gongsheng ha dichiarato di temere il caos sociale in caso di un crollo del valore salito verticalmente a quotazioni iperboliche.
La Banca Centrale indiana RBI in questi giorni ha allertato – per la seconda volta quest’anno – utenti, investitori e operatori professionali del credito rimarcando la pericolosità delle monete virtuali senza risparmiarsi di citare in modo puntuale il bitcoin. La Reserve Bank of India ha sottolineato di non avere intenzione di concedere licenze o autorizzazioni a aziende o istituzioni che intendano operare impiegando qualsivoglia valuta digitale.
In Russia il bitcoin è fuorilegge ma la questione del soldo smaterializzato è in piena evidenza tanto che c’è già chi prevede a breve lo sbarco del cyber-rublo. I divieti sono scattati in Colombia, Ecuador, Taiwan, Vietnam, Indonesia, Bangladesh, Nigeria, Thailandia: le leggi, forse perché non raccordate a livello internazionale e ancora residuali sotto il profilo territoriale, non hanno certo ostacolato la quotazione in continuo rialzo del bitcoin.
Nel frattempo si parla del furto di 4.736,42 bitcoin (circa 70 milioni di dollari) dalla cassaforte digitale di NiceHash, società che offre servizi tecnologici per estrarre bitcoin e che ora è paralizzata per fare la conta dei danni subiti dall’arrembaggio dei pirati informatici che l’hanno razziata. Il problema, purtroppo, riguarda i clienti di NiceHash intestatari delle somme che nel frattempo stanno sfogando sui social tutta la loro rabbia per la beffa a loro spese.
Due settimane fa un’altra criptovaluta era stata bottino di banditi cibernetici per un controvalore di oltre 37 milioni di dollari, ma l’episodio di Tether (un tempo RealCoin) non aveva impensierito gli addetti ai lavori.
Fa sorridere invece l’allarme “verde” in questo contesto.
Il sempre maggior numero di criptovalute e la crescita del numero di transazioni finanziarie digitali richiede un progressivamente più ragguardevole volume di capacità di calcolo e quindi di risorse hi-tech. Il sistema circolatorio di bitcoin et similia porterebbe ad un consumo stimato in 31 terawatt/ora all’anno e già saltano fuori ecologisti dell’ultima ora che immaginano conseguenze nefaste per il nostro pianeta…
Prima di immaginare catastrofi ambientali, è il momento di affrontare seriamente il problema economico e finanziario, valutare le implicazioni criminali, tutelare i risparmiatori magari cominciando con una campagna informativa istituzionale che spieghi –anche a chi ne è digiuno – cos’è il bitcoin e come funziona.