Grandi manovre in Banca d’Italia, dove il variegato e litigioso arcipelago di sigle sindacali ha consumato un’importante rottura e dato vita a inedite e, fino a poche settimane fa, impensabili alleanze. A sciogliersi per consunzione, tra reciproci scambi di accuse, è lo storico asse tra Falbi e First/Cisl, mentre sulla scena si propone ora un connubio “oltre” ogni immaginazione: quello tra la stessa Falbi e il suo antagonista storico: il Sibc.

“Oltre” è precisamente il termine utilizzato dalla Falbi per spiegare ai lavoratori di Via Nazionale il nuovo scenario sindacale: “Oltre il passato, oltre gli interessi di sigla, oltre le parole”. Certamente si tratta di un tentativo di arrivare più forti ai tavoli negoziali dell’istituto, dove verranno discusse questioni importanti come la riforma delle carriere. E non solo: c’è la consapevolezza che quanto è accaduto in questi anni – dalla devoluzione a Francoforte di buona parte delle proprie funzioni e poteri, all’impatto sull’opinione pubblica delle crisi bancarie, con conseguente perdita di credibilità – produrrà importanti effetti nel futuro prossimo della Banca d’Italia che incideranno anche sui lavoratori.

Ecco dunque che le due sigle sindacali autonome, che insieme rappresentano la larga maggioranza degli addetti alla carriera operativa (circa il 60%) e rivendicano un peso significativo anche nell’area manageriale, hanno deciso di fare fronte comune: “Nessuna abiura di quello che è stato, ma una ricerca continua di quello che dovrà essere – si legge in un comunicato della Falbi – il nostro condiviso impegno sarà quello di ricercare mediazioni che consentano di rappresentare gli interessi e le aspettative di tutti”.

Nobili parole, ma non bisogna dimenticare che i sindacati interni dell’istituto centrale hanno sempre guardato all’interesse corportativo, alla tutela di privilegi e, pur suonandosele reciprocamente di santa ragione, si sono spartiti di comune accordo le loro piccole e grandi fette di potere. Ora c’è questo tentativo di “Opa” sulla rappresentanza: una mossa scaltra che ha come protagonisti Luigi Leone, pensionato, decano dei sindacalisti della Banca d’Italia nonché segretario da oltre un ventennio della Falbi, il sindacato da lui stesso fondato, e Alberto Antonetti, che da qualche anno ha preso il timone del Sibc da Massimo Dary, coetaneo nonché amico dello stesso Leone e che del Sibc è presidente onorario.

Insomma, non è esattamente il “nuovo che avanza”, ma nelle stanze di Via Nazionale il “nuovo” ha sempre faticato a entrare e la mossa sindacale sembra speculare a ciò che di qui a qualche mese si potrebbe apparecchiare nelle ovattate stanze ai piani alti dell’istituto. E’ evidente infatti che qualcosa dovrà cambiare e che forse qualcosa dovrà essere sacrificato: che i controlli sulle banche non abbiano funzionato è sotto gli occhi di tutti, così come lo è l’indecoroso scaricabarile tra autorità di controllo andato in scena davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta.

Le polemiche sono destinate a farsi sempre più aspre in questa lunga e tormentata campagna elettorale e sarebbe illusorio pensare che nella prossima Legislatura, qualunque  governo si formi, il problema di una riforma del sistema non si ponga. Perché dunque aspettare di farsi imporre il cambiamento dalla politica e non tentare, in autonomia, la strada dell’autoriforma? Sopiti i clamori della Commissione d’inchiesta, che presto dovrà audire il governatore Ignazio Visco, e una volta passate le elezioni, è assai probabile che Via Nazionale tenti proprio questa strada nel tentativo di preservarsi da sgradite intromissioni.

Ma per giocare questa partita sarà necessario avere il massimo dei consensi anche sul fronte interno, cosa possibile modificando solo il minimo indispensabile. Ecco allora apparire sotto una luce più chiara la mossa dei due sindacati autonomi e le ragioni di un’alleanza tra linee di pensiero altrimenti tanto distanti, ma unite nell’idea di salvaguardare il più possibile del presente anche per il futuro.

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