Sorrisi e abbracci in favore di fotografi e telecamere. Uno scambio duro nei toni e nei contenuti. E’ stata questa la visita di Benjamyn Netanyahu a Parigi, dove il padrone di casa Emmanuel Macron ha preso duramente posizione contro la decisione di Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come la capitale di Israele. La mossa “è contraria al diritto internazionale” e “pericolosa per la pace“, ha detto il presidente francese nella conferenza stampa congiunta seguita al faccia a faccia con il premier israeliano. Nella quale il capo dell’Eliseo ha chiesto il “congelamento delle colonie israeliane“. “Gerusalemme è la capitale di Israele, proprio come Parigi è la capitale della Francia”, la risposta di Netanyahu, “prima si accetterà questa realtà, prima si arriverà alla pace”, ha aggiunto puntando il dito contro l’Iran che “si trova ovunque, in Siria e in Libano, nello Yemen”. Anche l’Onu è tornata a pronunciarsi contro la mossa di Washington, che “può compromettere definitivamente gli sforzi per la pace tra israeliani e palestinesi”, ha affermato il segretario generale, Antonio Guterres, in un’intervista alla Cnn.
Gli effetti delle decisione della Casa Bianca continuano a dispiegarsi in Medio Oriente. Il presidente palestinese Abu Mazen, riporta Maan, è partito “improvvisamente” per il Cairo dopo la telefonata avuta con il suo omologo egiziano Al Sisi. L’agenzia palestinese specifica che la partenza è legata ad un vertice a tre da tenersi nelle prossime ore nella capitale egiziana. Secondo Quds net, il terzo partecipante al vertici sarebbe re Abdallah di Giordania.
Oggi il Parlamento di Amman ha votato a favore della revisione del trattato di pace con Israele. Il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele è considerato dai deputati giordani come una violazione dell’accordo di Wadi Arava con Tel Aviv. Un gruppo di parlamentari ha chiesto la revisione dell’accordo di pace sulla base del fatto che la decisione di Washington, uno degli sponsor del trattato siglato nel 1994, ha violato il diritto internazionale, rendendo così il trattato nullo. Poco prima dell’annuncio di Trump il re giordano, fedele alleato degli Usa, era stato in visita a Washington dove aveva incontro diversi funzionari Usa e avrebbe spinto per una revisione dell’accordo considerando anche il fatto che la Giordania ha un ruolo prominente nelle trattative di pace che gli permetterebbe di mantenere il controllo dei luoghi santi musulmani a Gerusalemme.
In mattinata Recep Tayyip Erdogan era tornato a soffiare sul fuoco. Il presidente turco, che da anni inanella tentativi di estendere l’influenza turca nella macroregione mediorientale, aveva definito Israele “uno Stato terrorista” che “uccide bambini”, aggiungendo che lotterà “con tutti i mezzi” contro il riconoscimento da parte degli Stati Uniti di Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico. “La Palestina è una vittima innocente. Quanto a Israele, è uno Stato terrorista, sì, terrorista!”, ha tuonato il sultano parlando a Sivas, secondo quanto riferiscono i media. “Non lasceremo Gerusalemme nelle mani di uno Stato che uccide i bambini“, ha aggiunto. “Non sono abituato a prendere lezioni di moralità da un leader che bombarda villaggi curdi nella sua Turchia, che incarcera giornalisti, aiuta l’Iran ad aggirare le sanzioni internazionali e che aiuta terroristi, anche a Gaza, a uccidere persone”, la replica di Netanyahu.
La dichiarazione era stata diffusa poco dopo che i ministri degli esteri dei Paesi della Lega Araba avevano sollecitato gli Stati Uniti ad abbandonare la decisione. Riunitisi al Cairo, dopo incontri di diverse ore hanno diffuso un comunicato in cui definiscono l’annuncio del presidente Donald Trump di mercoledì una “pericolosa violazione del diritto internazionale“, che potrebbe aumentare la violenza in tutta la regione. Secondo il ministero della Sanità palestinese il bilancio complessivo dei feriti palestinesi in questi giorni di scontri è di oltre 1.250. Del totale, secondo la stessa fonte, 150 sono stati colpiti “da munizioni vere”.
La rabbia palestinese si è sfogata a Gerusalemme, dove una guardia di sicurezza è stata accoltellata e ferita gravemente davanti alla stazione centrale dei bus. L’assalitore è stato arrestato. “E’ un abitante dei Territori di 24 anni”, Yassin abu al-Qara, ha reso noto Micky Rosenfeld, un portavoce della polizia. Dopo aver accoltellato la guardia, ha aggiunto, “il terrorista ha tentato la fuga ma è stato bloccato da un passante e da un agente di polizia”. “Per Allah ci siamo sollevati, il nostro desiderio è innalzare la bandiera, che Dio voglia che la nostra religione prevalga, e che la moschea al-Aqsa torni a risplendere”, aveva scritto l’uomo su Facebook. “Venga pure versato il nostro sangue – aveva aggiunto – il suo valore è ben poca cosa se è versato per la nostra patria, per Gerusalemme, per la moschea al-Aqsa”.
In Cisgiordania proseguono le manifestazioni di protesta: secondo la televisione israeliana, domenica mattina si sono verificati incidenti in prossimità di Betlemme e di Hebron. “Facciamo appello al nostro popolo a portare avanti la intifada e a fare ricorso a tutti i mezzi di resistenza per opporsi agli occupanti”, è il messaggio divulgato domenica sul web da Hamas con un poster che mostra un suo miliziano mentre impugna un fucile. Riferendosi alla uccisione a Gaza di due suoi miliziani in un’incursione aerea israeliana, Hamas aggiunge: “Il nemico pagherà un duro prezzo avendo infranto le regole della guerra alla resistenza. I prossimi giorni dimostreranno l’enormità del suo errore”.
A Tekoa, presso Betlemme, una israeliana è stata ferita da una sassata lanciata da palestinesi contro la automobile su cui viaggiava. Nel campus dell’Università di Hebron, in Cisgiordania, ci sono stati scontri tra manifestanti ed esercito israeliano. Secondo l’agenzia ufficiale palestinese Wafa “dozzine di studenti sono stati intossicati dai gas lacrimogeni sparati dalle forze di occupazione israeliane”. La Wafa ha poi aggiunto che l’esercito “ha impedito agli studenti universitari di organizzare una marcia studentesca verso Al-Quds Al-Khalil Street”.
Proteste e scontri anche oltreconfine. Per esempio davanti l’ambasciata americana a Beirut, dove le forze di sicurezza hanno fatto uso di gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti. Diverse centinaia di manifestanti pro-palestinesi si sono radunati davanti alla sede diplomatica, situata ad Awkar, a nord di Beirut. Molti sono rimasti ferite dal lancio di pietre e dai lacrimogeni. I manifestanti, con bandiere palestinesi e libanesi e indosso la kefia hanno scandito slogan contro Trump e bruciato ritratti del presidente americano.
“Le preoccupazioni per le prospettive di pace nella regione sono oggetto in questi giorni di varie iniziative, tra cui le riunioni convocate con urgenza dalla Lega araba e dall’Organizzazione per la cooperazione islamica. La Santa Sede è sensibile a dette preoccupazioni e, richiamando le accorate parole di Papa Francesco, ribadisce la sua ben nota posizione circa il singolare carattere della Città santa e l’imprescindibilità del rispetto dello status quo, in conformità con le deliberazioni della comunità internazionale e le ripetute richieste delle gerarchie delle chiese e delle comunità cristiane di Terra santa”, fa sapere intanto la Santa Sede. “Allo stesso tempo – prosegue – reitera la propria convinzione che solo una soluzione negoziata tra israeliani e palestinesi possa portare a una pace stabile e duratura e garantire la pacifica coesistenza di due Stati all’interno di confini internazionalmente riconosciuti”.