Sospensione di 40.000 interventi chirurgici e centinaia di migliaia di visite specialistiche e prestazioni diagnostiche. Nonché blocco di tutta l’attività veterinaria connessa al controllo degli alimenti. Saranno gli effetti, secondo i sindacati, dello sciopero dei medici, veterinari e dirigenti sanitari del Servizio sanitario nazionale indetto per martedì 12 dicembre. L’Anaao Assomed lamenta che il servizio sanitario “finora si è sostenuto sul sacrificio di medici e dirigenti sanitari” con le Regioni che “hanno garantito i Lea, almeno quelle che lo hanno fatto, a spese dei professionisti, delle loro ferie, delle loro risorse accessorie, dell’abuso dell’orario di lavoro. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha detto di essere “a fianco dei medici italiani” perché “ci sono due problemi: uno è quello dello sblocco del turnover che credo abbiamo seriamente contribuito a risolvere”, l’altro “il rinnovo del contratto che non è un tema che gestisce il ministero della Salute”.

“La diminuzione del perimetro della tutela pubblica sta provocando tra i cittadini attese più lunghe, maggiori diseguaglianze territoriali, crescita del divario tra chi può curarsi pagando e chi no”, sostiene il sindacato dei medici per spiegare la protesta. “Ormai si declina il diritto alla salute in base alla residenza e la distanza tra Bolzano e Napoli si può esprimere in 700 km o in 4 anni di aspettativa di vita. E la situazione, che la legge di bilancio 2018 nemmeno prende in considerazione, persa come è dietro bonus di ogni genere, è avviata a peggiorare”. Di qui lo sciopero “dei medici e dei dirigenti sanitari, strutturati e precari, compresi quelli storici della ricerca, atipici, pagati con il baratto o assunti con contratti di dieci giorni”. Persone che vivono da anni, continua la nota, “una condizione lavorativa caratterizzata da mancato rispetto delle pause e dei riposi, milioni di ore di lavoro non retribuite e non recuperabili, ferie non godute, turni notturni ad una età alla quale tutte le categorie, pubbliche e private, sono esonerate, reperibilità oltre il dettato contrattuale su più ospedali contemporaneamente, aumento dei carichi di lavoro festivi e notturni, progressioni di carriere rarefatte, livelli retributivi inchiodati al 2010 con perdite calcolate fino ai 50.000 euro per i giovani ed i livelli apicali”.

Contemporaneamente, “un’intera generazione di giovani è relegata dopo 11-12 anni di formazione in contratti di lavoro precari ed atipici, molto simili a un caporalato 2.0, o nel limbo della disoccupazione post laurea. Nonostante ciò dopo 8 anni di blocco non si sente ancora il segnale di inizio per la discussione del Ccnl”, accusa l’Anaao, invitando i medici a “una civile protesta, per pretendere un cambiamento che non verrà da solo, per mettere in campo l’orgoglio di una categoria che è e vuole essere considerata gruppo dirigente, parte della soluzione della crisi della sanità italiana e non del problema. Per reclamare valore al nostro lavoro, che è diritto a difesa di altri diritti, perché i Lea siamo noi, le nostre competenze e conoscenze che fanno la differenza tra la vita e la morte, tra malattia e salute”.

L’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani Emergenza Area Critica avverte che “sono a rischio migliaia di interventi chirurgici programmati e altrettante visite anestesiologiche”. In Italia, afferma l’associazione, esiste “una carenza di 4.000 anestesisti rianimatori, con conseguenze evidenti: i giovani medici in formazione sono sfruttati al posto degli specialisti, e gli stessi specialisti sono costretti a condizioni di lavoro massacranti. Situazioni che i cittadini devono conoscere”. Per evitare il ricorso agli specializzandi in sostituzione dei medici, l’Aaroi ha inviato una segnalazione al ministro della Salute e al Comando dei Carabinieri Nas sull’eventuale utilizzo improprio dei medici in formazione.

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