Il Viminale impone di effettuare gli sgomberi con la forza solo se esiste una soluzione per le famiglie in difficoltà. Un recente pronunciamento condanna il ministero a risarcire i proprietari di uno stabile occupato perché i loro diritti prevalgono sull'ordine pubblico. Se domani - per ovviare agli effetti della sentenza del Tribunale Civile - venissero liberati gli edifici ritenuti “prioritari”, in strada ci sarebbero almeno mille persone
L’elenco stilato da Francesco Paolo Tronca è lì da quasi 2 anni. Eppure, dei 74 edifici indicati – di cui 16 inseriti in una short-list di “priorità” – finora ne è stato liberato soltanto uno. Lo stabile privato di via Curtatone è l’eccezione (per altro non certo virtuosa, in termini di modalità) che conferma la regola la lentezza burocratica nella Capitale sul fronte delle occupazioni abusive e dell’emergenza abitativa. Oggi le istituzioni locali, da Roma Capitale alla Regione Lazio passando per il ruolo cardine della Prefettura, sono strette nella morsa di due provvedimenti opposti sebbene complementari: da un lato, la circolare emanata dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, che impone di effettuare gli sgomberi con la forza pubblica solo in presenza di una soluzione concreta per le famiglie in difficoltà; dall’altra, una sentenza del Tribunale Civile, datata 9 novembre 2017, che condanna il Viminale a risarcire i proprietari di uno stabile occupato per il cosiddetto “danno emergente e lucro cessante” in quanto “il diritto dei proprietari prevale sull’ordine pubblico”. In sostanza: bisogna sgomberare presto, ma con delle alternative. La sentenza, fra l’altro, fa riferimento allo stabile di via del Caravaggio a Roma, occupato ormai da 4 anni e – guarda caso – inserito nella black-list dei 16 sgomberi “urgenti” deliberata dall’ex commissario straordinario capitolino.
A CACCIA DI PREFABBRICATI
Il 4 settembre scorso, all’indomani dei fatti di piazza Indipendenza, il ministero aveva inviato una direttiva al Prefetto di Roma, Paola Basilone, dove si chiedeva di effettuare “una mappatura degli immobili pubblici e privati inutilizzati”. “Ma non c’e’ ancora traccia di questo lavoro”, sostiene Massimo Pasquini, segretario nazionale di Unione Inquilini, che da tempo denuncia l’inerzia delle istituzioni locali sul tema dell’emergenza abitativa. Da Palazzo Valentini, l’unica indicazione informale arrivata in Campidoglio è stata la volontà di sgomberare al più presto altre due importanti occupazioni, quella di viale del Policlinico 137 e quella di viale delle Provincie 196, entrambe gestite dal Movimenti di Lotta per il Diritto all’Abitare e nelle quali troverebbero riparo circa 400 persone. Come soluzione tampone “per le fragilità sociali”, quindi bambini, anziani e diversamente abili, il dipartimento Politiche Sociali di Roma Capitale ha emanato un bando per il reperimento di moduli abitativi, “anche prefabbricati” per un massimo di 100 persone, utili secondo i dirigenti capitolini a ospitare anche una parte delle 60 persone sgomberate l’estate scorsa da un palazzo a Cinecittà e che da mesi ormai si sono accampate sotto il portico di una chiesa nella centralissima Piazza Santi Apostoli. “Moduli” che tra l’altro avrebbero un prezzo abnorme: circa 730 euro al mese per ospite, dunque almeno 2.200 euro a mese a famiglia. La gara è scaduta il 30 novembre, l’unica ad aver presentato un’offerta è stata la Croce Rossa Italiana, e ora sono in corso le relative verifiche di congruità.
CORSA AGLI SGOMBERI DI “SCROCCOPOLI”
Non è tutto. A seguito della delibera, Tronca aveva individuato in 197 milioni di euro il valore totale dell’emergenza abitativa a Roma, proponendosi di destinare 764 alloggi Ater a questo scopo, di cui una percentuale di circa un terzo alle occupazioni “storiche”. Dalla Pisana, tuttavia, sono arrivati finora soltanto 40 milioni ma i termini della relativa convenzione è ancora oggetto di disputa fra gli uffici regionali e comunali. Nel frattempo, l’amministrazione Raggi sta provando a dare una risposta sull’emergenza abitativa attraverso un’accelerazione sul fronte degli sgomberi dei singoli appartamenti occupati. Nel giro dei prossimi 12 mesi, l’Unità di Supporto della Polizia Locale presso il dipartimento Politiche Abitative, guidata dal comandante Lorenzo Botta, conta di poter liberare la gran parte dei 523 immobili per i quali esiste già una determinazione dirigenziale di sgombero: 200 appartamenti Ater, 236 comunali Erp e 87 per “esubero reddito”. “Ma ce ne sono altri 2mila per i quali potrebbero essere emessi provvedimenti da qui a breve – spiegano fonti della polizia capitolina – Il problema è solo una questione numerica: l’unità è composta da 30 persone, più di questo è difficile fare”.
MA GLI SFRATTI SONO OLTRE 3MILA
Il problema resta, ed è serio. Se domani – per ovviare agli effetti della sentenza del Tribunale Civile – venissero sgomberati tutti e 15 gli edifici occupati da liberare “in via prioritaria”, le strade della Capitale si troverebbero invase da almeno un migliaio di sfollati, di cui una buona metà con lo status di rifugiati politici. Allo stesso tempo, bisognerebbe provare a dare una risposta almeno a una parte delle 3.200 famiglie sfrattate ogni anno (dati forniti da Unione Inquilini) con l’ausilio della forza pubblica. Insomma: sebbene le assegnazioni delle case popolari in questo 2017 siano raddoppiate rispetto agli anni pre-Raggi (500 contro le 250 del 2014 e le 280 del 2015, come comunicato dall’assessora al Patrimonio, Rosalba Castiglione), serve sicuramente una svolta. “Attendiamo con ansia la mappatura degli immobili privati sfitti da parte della Prefettura di Roma”, insiste Massimo Pasquini.