Un affascinante viaggio nel tempo alla ricerca delle vestigia di universi precedenti al Big Bang, viene proposto da modelli matematico-fisici che interpretano lo spazio nelle vicinanze di un buco nero
Un affascinante viaggio nel tempo alla ricerca delle vestigia di universi precedenti al Big Bang, viene proposto da modelli matematico-fisici che interpretano lo spazio nelle vicinanze di un buco nero. Con questo trucco – riporta l’Ansa – il fisico brasiliano Juliano Cesar Silva Neves, dell’università di Campinas in Brasile, riesce a descrivere la teoria che rifiuta un inizio definito del cosmo, come il Big Bang, e propone un’eterna successione di universi, al punto da ipotizzare la conservazione nel nostro universo di tracce di un precedente universo. La ricerca è pubblicata sulla rivista Relativity and Gravitation.
Sebbene il Big Bang sia da tempo la teoria più accreditata sulla nascita e l’evoluzione dell’Universo non c’è consenso unanime nel mondo scientifico: alcune teorie prevedono evoluzioni diverse dell’universo come noi lo conosciamo. L’idea su cui si basa il modello realizzato da Silva Neves, ovvero di un universo “che, prima della corrente fase di espansione, ha subito una compressione, o addirittura che ha rimbalzato molte volte espandendosi e comprimendosi e continuerà a farlo per sempre” non è quindi nuova, spiega l’astrofisico Paolo De Bernardis, docente all’università Sapienza di Roma, ma “è un’idea affascinante – spiega – perché evita uno dei problemi più delicati della cosmologia, l’inizio del tempo, presente nel modello del Big Bang standard. La novità dello studio di Silva Neves è di aver usato dei metodi matematico-fisici che sono stati sviluppati per descrivere lo spazio nelle vicinanze di un buco nero. Grazie a questo “trucco” Silva Neves è riuscito a descrivere un universo senza singolarità iniziale (cioè senza Big-Bang), con un passaggio per una fase molto compressa, durante la quale potrebbero essersi conservate tracce di quanto era successo nella precedente fase di compressione”.
Tuttavia, osserva De Bernardis, “per qualsiasi teoria è fondamentale formulare previsioni verificabili sperimentalmente. In questo caso, se si riuscissero a identificare dei residui della fase precedente, la teoria di Silva Neves acquisterebbe una grande rilevanza. Ma c’è molto lavoro da fare per capire la reale osservabilità di questi residui – conclude – (che potrebbero essere residui di buchi neri esistiti nella precedente fase dell’universo) e la loro distinguibilità dagli analoghi oggetti formatisi in questa fase dell’universo”. Un punto di vista interessante che deve tuttavia trovare conferme.
Sulla stessa linea Stefano Borgani, direttore dell’Osservatorio di Trieste dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), perché “è assolutamente legittimo guardare ad altre soluzioni, ma bisogna vedere quanto queste nuove teorie tornino. Vanno verificate con osservazioni e esperimenti. Ogni teoria alternativa a quella standard ha come prima richiesta quella di fare delle predizioni e va confrontata con osservazioni e esperimenti per essere esclusa. Se non può essere esclusa, ne verificata, non è interessante e non si può decidere se è corretta oppure no. Ma è comunque benvenuto il fatto che i ricercatori pensino di ‘battere’ strade alternative”.