“Il percorso della verità va perseguito per giungere a un traguardo atteso dai familiari e da tutti gli italiani”. Lo ribadisce il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel 48esimo 12 dicembre da quello del 1969, quando alla Banca dell’Agricoltura di Milano esplose una bomba che causò 17 morti e 88 feriti. Per molti è stata quella “la madre di tutte le stragi“, di sicuro è stato l’inizio degli Anni di piombo. Ma ad oggi, nonostante diverse inchieste, non sono mai finiti in una sentenza né i nomi dei mandanti né quelli degli esecutori materiali dell’attentato. Le inchieste e i processi, ricorda Mattarella, “non hanno condotto a una verità esaustiva. La domanda di giustizia non ha condotto a una definitiva risposta sugli autori materiali e i loro mandanti, ma ciò non può indurci a rassegnazione: il percorso della verità va perseguito per giungere a un traguardo atteso dai familiari e da tutti gli italiani. Il valore del tenace e coraggioso lavoro di tanti servitori dello Stato è riuscito a disvelare sia la matrice neofascista, sia le gravi complicità nella vicenda di taluni apparati deviati“.
Quella “atroce strage“, come la definisce Mattarella, ha provocato “morti innocenti e sofferenze, sconvolgendo la coscienza civile del Paese, e proiettando sulla nostra democrazia l’ombra di una grave minaccia eversiva“. Per questo il capo dello Stato sottolinea la sua vicinanza a familiari, eredi, amici delle vittime “che negli anni ne hanno onorato la memoria con l’impegno civile, con la tenace ricerca della verità, con la testimonianza offerta ai più giovani”. Poco meno di mezzo secolo passato senza risposte “non può ridimensionare la profondità delle ferite e la portata dell’attacco rivolto alle istituzioni”. Ma proprio da Milano, dice il presidente, “partì anche una risposta unitaria, di popolo, delle forze politiche e sociali, che si propagò in ogni parte d’Italia e contribuì a rendere più forte la lotta al terrorismo. I valori della Costituzione, frutto della Resistenza e della lotta di Liberazione, si sono radicati ulteriormente nelle nostre comunità e sono prevalsi, sconfiggendo la strategia della tensione”. Ed è proprio quella “unità dimostrata dal Paese nel saper fronteggiare e vincere quella sfida alla Repubblica – conclude – ci sia di esempio nella perenne opera di salvaguardia dei valori della nostra società”.
Sotto il profilo processuale, l’ultima pronuncia sulla strage di piazza Fontana è quella della Cassazione che nel 2005 ha assolto Delfo Zorzi (imputato come presunto esecutore della strage), Carlo Maria Maggi (presunto organizzatore) e Giancarlo Rognoni (presunto basista). L’unico condannato è rimasto Stefano Tringali che prese un anno per favoreggiamento. I giudici, nelle motivazioni, scrissero tuttavia che l’attentato fu realizzato dalla cellula neofascista di Franco Freda e Giovanni Ventura, non più processabili perché assolti per la stessa vicenda con sentenza definitiva nel 1987. Con quella stessa sentenza la Cassazione addebitò le spese processuali ai parenti delle vittime.