L’Italia è seconda in Ue per fondi strutturali ricevuti da Bruxelles, ma è sestultima su 28 per utilizzo dei soldi ricevuti. Fa meglio la Polonia di gran lunga il primo beneficiario europeo, mentre dietro la Penisola si trovano Spagna e Romania, rispettivamente terzo e quarto maggiori beneficiari.

I dati sono aggiornati a fine ottobre e sono stati rivelati in occasione della pubblicazione dalla prima relazione della Commissione Ue sull’uso dei cinque fondi strutturali europei: Fondo agricolo per lo sviluppo rurale, per la coesione, per lo sviluppo regionale, per la pesca e fondo sociale. Per l’Italia, che nel settennato 2014-2020 può contare su 73,67 miliardi (42,67 provenienti dal bilancio Ue), i fondi impegnati ammontano a 27,103 miliardi di euro, il 37%, ma solo 2,45 di questi – il 3% del totale – sono già stati spesi. Al contrario, la media Ue è di un 44% di fondi già impegnati e un 6% di fondi spesi.

Al dicembre 2016, a tre anni dall’inizio dell’attuale periodo di programmazione che nel bilancio Ue vale 454 miliardi (638 aggiungendo il contributo degli Stati), erano stati selezionati circa 2 milioni di progetti, sono state supportate 793.490 imprese, 7,8 milioni di persone sono state aiutate a trovare un impiego o a intraprendere percorsi di formazione e il 20% del totale della superficie coltivabile europea è stata oggetto di politiche a favore del clima, dell’ambiente e della biodiversità. Dal documento emerge una notevole accelerazione nell’ultimo anno sia dal punto di vista della selezione dei progetti (a fine 2016 era al 28,4%) sia da quello dei pagamenti dell’Ue agli Stati membri, che è passato dal 9% al 13%. 

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