A Istanbul il vertice straordinario dell’Organizzazione della cooperazione islamica, i cui Paesi cercano una posizione comune sulla decisione di Donald Trump di riconoscere la Città Santa capitale dello Stato di Israele. "Pronti a cooperare con tutti senza alcuna riserva o precondizione", ha detto il presidente iraniano Rohani, ma "alcuni si sono allineati agli Usa", ha proseguito alludendo all'Arabia Saudita
L’Organizzazione della cooperazione islamica ha riconosciuto “Gerusalemme est come capitale dello stato di Palestina occupato”, invitando tutti i Paesi del mondo a fare altrettanto. Lo si legge, riporta l’agenzia turca Anadolu, nella dichiarazione finale del vertice straordinario di Istanbul. Nel documento in 23 punti, si condanna la dichiarazione “pericolosa”, “illegale” e “illegittima” di Donald Trump su Gerusalemme capitale di Israele, chiedendo anche la “fine dell’occupazione israeliana della terra dello Stato di Palestina”. I Paesi Oic ribadiscono inoltre il loro supporto alla “soluzione dei due Stati”, apprezzando il “consenso internazionale” contro la mossa di Trump come “un messaggio di forte sostegno ai diritti dei palestinesi e alla loro giusta causa”. La decisione della Casa Bianca, si legge ancora, è un segnale del ritiro degli Stati Uniti dal loro ruolo di mediatore per la pace in Medioriente.
L’invito a riconoscere la Città Santa capitale della Palestina era arrivato in mattinata da Recep Tayyip Erdogan: “Dobbiamo riconoscere lo Stato di Palestina con i confini del 1967, liberandoci dall’idea che questo sia un ostacolo alla pace”, e “Gerusalemme come capitale dello Stato occupato di Palestina”, ha detto il presidente turco in apertura del vertice, i cui Paesi cercano una posizione comune sulla decisione di Donald Trump di riconoscere la Città Santa capitale dello Stato di Israele. “Almeno 196 Paesi Onu sono fermamente contrari” alla mossa di Washington ha aggiunto Erdogan, ribadendo che “Gerusalemme è la nostra linea rossa” e tornando a definire quello ebraico uno Stato “terrorista” i cui “soldati sono terroristi che uccidono bambini di 10 anni e li arrestano”.
“D’ora in avanti”, ha detto il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, i palestinesi non accetteranno alcun ruolo degli Usa nel processo di pace con Israele: “La decisione su Gerusalemme ci libera da tutti gli accordi che abbiamo firmato. Per esempio gli accordi di Oslo. Li abbiamo firmati, ma ora non sono più vincolanti per noi”. Il leader dell’Anp ha definito l’annuncio di Trump “fortemente provocatorio” e ha ribadito che “al Quds (Gerusalemme, ndr) appartiene a tutte le religioni” ed “è la città della pace”. Abu Mazen ha quindi accusato Trump di aver “offerto Gerusalemme in regalo al movimento sionista”, mentre ha espresso apprezzamento per la Giordania e i suoi “sforzi”. Quindi l’annuncio: i palestinesi “andranno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite” per una piena adesione all’Onu in quanto Stato membro.
Dall’Iran, poi, è arrivato un appello all’unità: “Siamo pronti a cooperare con tutti i Paesi islamici senza alcuna riserva o precondizione per la difesa di Gerusalemme”, ha detto il presidente iraniano, Hassan Rohani. Lanciando un appello alla “unità islamica” contro “il pericolo del regime sionista” di Israele, il leader di Teheran si è detto convinto che “i problemi tra i Paesi islamici possano essere risolti attraverso il dialogo“.
Quindi Rohani ha lanciato un’accusa a Riyad: “Invece di combattere le minacce dei sionisti, alcuni Paesi nella nostra regione si sono allineati agli Usa e ai sionisti per decidere il destino della Palestina”, ha detto il presidente iraniano alludendo all’Arabia Saudita. “Credo che più di ogni altra ragione gli sforzi di alcuni Paesi di stabilire relazioni e un coordinamento con il regime sionista abbiano istigato tale decisione”, ha proseguito il leader iraniano. Per poi ribadire: “Nelle attuali circostanze, è necessario che il mondo musulmano si unisca contro il regime sionista – ha proseguito Rohani – se è vero che ci sono divergenze tra noi su alcune questioni, non dovremmo essere divisi sulla difesa di al Quds e della causa palestinese”.