Malversazione a danno dello Stato, per aver distratto 97 milioni di euro di contributi pubblici destinati a investimenti per la sicurezza. E’ il nuovo reato ipotizzato dalla Guardia di finanza a carico di due dirigenti e il rappresentante legale della Ferrotramviaria, la società che gestisce la linea Andria-Corato. Le Fiamme Gialle sono state incaricate dalla magistratura di Trani di fare ulteriori accertamenti nell’ambito dell’inchiesta sullo scontro frontale tra due treni avvenuto il 12 luglio del 2016, costato la vita a 23 persone mentre altre 51 rimasero ferite.
Nei giorni scorsi la Procura di Trani ha chiuso le indagini sull’incidente, contestando a 18 persone e alla stessa società vari reati legati alle violazioni delle norme sulla sicurezza, oltre a omicidio e lesioni colpose conseguenti al disastro. Le ulteriori verifiche delegate al Nucleo di Polizia Tributaria della Gdf miravano invece a “riscontrare eventuali irregolarità nella gestione degli incentivi e contributi finanziari erogati periodicamente dalla Regione Puglia a favore della società – spiega la Finanza in una nota – ed espressamente destinati alla manutenzione e all’implementazione dei sistemi di sicurezza lungo la tratta ferroviaria”.
Da questi accertamenti è emerso che Ferrotramviaria ha avuto nel tempo la disponibilità di ingenti risorse finanziarie, destinate in parte al raddoppio della linea ferroviaria Bari-Barletta e in parte all’ammodernamento dei sistemi di sicurezza. Ma nonostante questo “la tratta è rimasta priva di idonei sistemi di sicurezza automatizzati, che potevano essere realizzati al costo di 600mila euro“, spiega la Gdf. In particolare negli ultimi cinque anni la società ha ricevuto dalla Regione Puglia, come previsto dal contratto di servizio, compensi per circa 180 milioni di euro, il 58% dei quali destinati contrattualmente alla gestione delle infrastrutture e della sicurezza del trasporto ma, a quanto risulta dalle verifiche dei finanzieri baresi, non utilizzati per quello scopo. Mancano all’appello, quindi, 97 milioni.
La ricostruzione degli investigatori, però, viene duramente contestata da Ferrotramvaria. Secondo l’azienda, la supposta malversazione “è inesistente in quanto i corrispettivi del contratto di servizio giuridicamente non sono considerati denaro pubblico“, inoltre “il ministero ha stabilito i corrispettivi da riconoscere alle aziende sulla base dei costi storici, i quali coprono solo in parte i costi di esercizio, in quanto la restante parte viene coperta dai proventi del traffico, restando a carico del contraente (Ferrotramviaria, nda) il rischio di impresa in caso di mancata copertura dei costi operativi”. E ancora: “Il corrispettivo fatturato alla Regione Puglia per la gestione e manutenzione dell’infrastruttura viene totalmente speso per gli interventi a cui è destinato”.
Inoltre, insiste l’azienda, “le attività di sviluppo della rete sono finanziate da fondi diversi da quelli dal contratto di servizio, ovvero da fondi nazionali e/o europei, di cui Ferrotramviaria è destinataria quale soggetto attuatore della Regione Puglia e non come titolare del contratto di servizio”. Infine Ferromvaria sottolinea che “i fondi dedicati alle tecnologie” anche finalizzate alla sicurezza e al raddoppio dei binari “sono stati tutti impiegati e il corretto utilizzo controllato dall’Unione Europea, la quale eroga i fondi solo in seguito alla rendicontazione prodotta”.
Articolo aggiornato il 14/12/2017 alle 14.25