L’affondo: “Il cantiere di Tap sembra Auschwitz, il ministro difende le lobby”. Il contrattacco: “Prossima puntata le scie chimiche. Cerca di rientrare nei limiti di un confronto civile”. L’esplosione nell’hub del gas europeo a Baumgarten riaccende lo scontro tra Carlo Calenda e Michele Emiliano. E il terreno di scontro resta sempre in Puglia, spostandosi da Taranto a Melendugno. Cioè da Ilva a Tap. Senza esclusione di colpi verbali. Il ministro dello Sviluppo Economico aveva ‘usato’ l’incidente nell’impianto austriaco per rilanciare sul contestato gasdotto in arrivo nel Salento: “Se ci fosse stato, non avremmo dovuto dichiarare lo stato d’emergenza”. Parole che hanno provocato la reazione del governatore pugliese: “Il cantiere sembra Auschwitz. Se vedete le fotografie è proprio identico. Hanno alzato un muro di cinta con filo spinato, è impressionante – ha detto a Radio Capital – Stanno militarizzando inutilmente una zona e i cittadini si sentono coartati e vedono in quella struttura qualcosa che ricorda cose tristi della storia”. Dopo qualche ora, la marcia indietro e le scuse: “Il paragone tra il cantiere Tap e Auschwitz è oggettivamente sbagliato e mi scuso per averlo inopportunamente utilizzato questa mattina in radio durante una diretta”, ha detto il governatore pugliese. Una situazione che sta rientrando proprio in queste ore: l’ordinanza del prefetto di Lecce è scaduta e da Roma, anticipano i siti locali, è arrivato il dietrofront e la “zona rossa”, quella militarizzata, verrà rimossa.
Quello di oggi è l’apice di un’escalation iniziata nel pomeriggio di martedì. Per Emiliano, Calenda soffre di “strabismo politico” ed è il protagonista della “disumanizzazione delle funzioni pubbliche”. Ancora: “Parla così perché cerca una collocazione futura, visto che tra qualche mese è senza lavoro”. E poi: “Abbiamo chiesto la conversione di Ilva a gas, ma siccome la lobby del carbone è tanto importante quanto le lobby del gas, il ministro media tra le lobby invece di occuparsi dei cittadini”. Se non bastasse, il ministro “fa la tipica disinformatia sovietica” ed è “un uomo che non medita”. E infine un ritorno sull’acciaieria tarantina: “Non si preoccupa dei morti, meglio non averlo come ministro della Repubblica”. Calenda ha risposto con un tweet: “Dunque su Ilva sostengo la lobby del carbone contro quella del gas e su Tap quella del gas contro quella del carbone. E quei poveracci della lobby del petrolio?! Prossima puntata scie chimiche e Stato Imperialista delle Multinazionali”. Così a un certo punto, il ministro sbotta: “Caro Michele Emiliano dire che sostengo il Tap per favorire le lobby e trovarmi un posto di lavoro è infantile e volgare ma tutto sommato innocuo, dire che il cantiere è uguale ad Auschwitz è grave e irrispettoso. Cerca di rientrare nei limiti di un confronto civile“.
Dunque su ILVA sostengo la lobby del carbone contro quella del gas e su Tap quella del gas contro quella del carbone. E quei poveracci della lobby del petrolio?! Prossima puntata scie chimiche e Stato Imperialista delle Multinazionali https://t.co/w7u4CZ5DLG
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 13 dicembre 2017
Dietro il fumo delle provocazioni, resta la sostanza. “Noi siamo favorevoli al Tap ma con approdo a Brindisi. Io non sono il Signor No, perché propongo sempre alternative e in questo caso ho indicato Brindisi come approdo migliore per il gasdotto – spiega Emiliano – Calenda parli di come prevenire incidenti come quello in Austria. Il Tap non è stato assoggettato al Decreto Seveso, perché sennò avrebbe rallentato i lavori”. Il riferimento è alla lunga querelle sulla necessità di sottoporre il terminale di ricezione di Melendugno alla legge sul rischio di incidenti rilevati. Nel 2014 era stato il ministero dell’Ambiente, attraverso apposita prescrizione, a sottoporre il Tap a quella direttiva. Poi, dopo un confronto con i ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Interno, alle soglie della conferenza dei servizi del 3 dicembre 2014, arriva a sostenere il contrario: in un proprio decreto di aprile 2015, elimina quella prescrizione.
Cos’è successo nel frattempo? Le argomentazioni sono duplici, come spiegato nel settembre 2016 da Ilfattoquotidiano.it. La prima: per gli organi capitolini, il terminale di ricezione (Prt) non è uno “stabilimento”, per cui Tap può sfuggire alle maglie strette della Seveso. La seconda: il quantitativo massimo di gas che lì verrà accumulato è pari a 48,6 tonnellate, sotto la soglia delle 50 che farebbero scattare l’applicazione della normativa. Ma chi stabilisce quelle cifre? È la stessa Tap. Il Consiglio di Stato, chiamato in causa dalla Regione, ha dato ragione alla scelta dei ministeri. “Io segnalo che il comandante dei vigili del fuoco che a Lecce disse che si doveva applicare la Seveso fu trasferito nel giro di pochi giorni”, afferma il presidente della Regione Puglia. “Il Governo ci impone l’approdo sbagliato del Tap e poi vuole ricostruire l’Ilva come nell’Ottocento. Calenda fa la tipica disinformatia sovietica – insiste – Anziché parlare della salute dei cittadini e cercare una tecnologia compatibile alla produzione dell’acciaio con la salute stessa, dice che ha paura che Mittal (il nuovo proprietario dell’Ilva, nda) se ne vada”.
Nelle scorse settimane, il ministro dello Sviluppo Economico e il governatore della Regione hanno litigato sul piano ambientale dell’acciaieria jonica tra ricorsi al Tar, blitz in città, ipotesi di accordo e convocazione di tavoli con il rischio che vengano disertati. Anche se Emiliano si augura che il confronto in programma il 20 dicembre sia “pacato, fatto per mediare e non per dare una mano alle lobby” e ha spiegato di aver “fatto ricorso al Tar prima di sederci a trattare perché scadevano i termini e anche per ottenere quel tavolo ‘c’è voluta la mano potente di Dio’, come diceva mia nonna”.
Adesso l’incidente nell’impianto austriaco ha riacceso il confronto. Per Calenda, è “necessario diversificare” le fonti di approvvigionamento del gas per evitare lo “stato di emergenza” scattato martedì. Detto in altre parole, sempre del ministro: “Se avessimo avuto il Tap – aveva detto pochi minuti dopo l’esplosione – non avremmo dovuto far scattare lo stato di emergenza”. E ancora: “È inaccettabile che si blocchi un gasdotto. È inaccettabile che si mandi via un investitore”. Il ministro, ammonisce Emiliano, “si dovrebbe preoccupare prima delle persone e della loro salute e sicurezza e poi del resto”, e chiede al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni di aprire un’istruttoria tecnica “a tutela della salute pubblica” per accertare “la compatibilità territoriale dell’intero intervento, del suo Prt e di tutti i 50 chilometri di rete di distribuzione gas al nodo di Mesagne“, nel Brindisino. E annuncia che nei prossimi giorni sottoporrà “alla procura competente un esposto che mira a salvaguardare l’incolumità pubblica dalla incosciente decisione del Governo di ritenere non assoggettabile alle direttive Seveso l’impianto Tap”.