Una valutazione “non positiva” per una legge “poco efficace nella tutela dei sofferenti“. E’ il giudizio della Conferenza episcopale italiana sulla legge sul biotestamento approvata al Senato. All’Ansa il direttore dell’ufficio per la Salute della Cei, don Massimo Angelelli, dice che i vescovi italiani non possono “riconoscersi in questo testo”. La legge, dice don Angelelli, “tutela i medici sollevandoli da ogni responsabilità, tutela le strutture sanitarie pubbliche, tenta di ridurre la medicina difensiva spostando sul malato l’onere della responsabilità delle scelte, ma sembra poco efficace nella tutela dei sofferenti. Sono molte le incertezze nella applicabilità di questa legge”. Per il Sir, l’agenzia dei vescovi la legge è “un’occasione mancata” sotto diversi aspetti. Il Sir sostiene tra l’altro che la discussione è avvenuta con un “riduttivo e sterile furore delle ideologie“. La norma, si legge, risulterà “poco utile a malati e medici, pericolosa per l’apertura di fatto a possibili interpretazioni eutanasiche, foriera di contenziosi giuridici ed assicurativi per l’ambiguità di alcune sue prescrizioni”.
Ma il giudizio dei vescovi, se possibile, è tra i più morbidi di quelli arrivati dal mondo cattolico. Per il centro studi Livatino “il voto di un Parlamento ha sancito per legge la morte di Stato”. Il centro intitolato al “giudice ragazzino” sostiene che “per uscire dal totalitarismo, subdolo ma reale, che manipola la vita, la seleziona geneticamente e ne dispone con arbitrio la fine, non sarà sufficiente il sostegno ai medici che rifiuteranno il ruolo di boia: sostegno che pure diventerà necessario in assenza di una norma sull’obiezione di coscienza”. Per Scienza e Vita il risultato è legato “ad un intento elettoralistico che si conferma un grave errore politico e culturale, una vera e propria eclissi della ragione, con sicure ricadute sociali”. L’associazione ricorda che “la stragrande maggioranza di medici, specialisti, oncologi, bioeticisti, giuristi, associazioni di cittadini auditi dal Senato (ben 37 su 42) hanno argomentato che il disegno di legge andava modificato”.
Si spacca invece l’associazione dei Medici Cattolici. “È chiaro che valuteremo caso per caso le volontà espresse dal paziente, ma prevedo un forte margine nel ricorso all’obiezione di coscienza da parte dei medici cattolici”, dice il vicepresidente nazionale Giuseppe Battimelli, secondo il quale la “esclusione della possibilità di sottrarsi all’applicazione della legge da parte di strutture sanitarie private accreditate, che hanno codice etico diverso, appare incostituzionale”. Completamente opposto, invece, il parere della filiale milanese dell’associazione. “La legge, frutto di un onorevole compromesso, rispetta i dettami della Costituzione e la carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea . Rispetta l’autonomia decisionale del malato e al contempo l’autonomia professionale e responsabilità del medico. L’obiezione del medico non si pone perché il medico può disattendere le Dat quando sono palesemente incongrue”, dice Alberto Cozzi, presidente dell’associazione medici cattolici di Milano.
Sul fronte opposto l’Unione atei e agnostici razionalisti: “È una vittoria per il Paese intero – dichiara il presidente Stefano Incani – siamo di fronte al Parlamento più laico degli ultimi anni”. “Questo Parlamento – continua Incani – ha fatto il suo dovere ponendosi in ascolto della stragrande maggioranza del Paese che da anni chiedeva una legge che disciplinasse il fine vita lasciando ai singoli la possibilità di scelta e non possiamo che rendergliene atto, anche perché non va dimenticato che sempre durante questa legislatura sono state approvate le unioni civili e il divorzio breve“. Adesso, conclude l’Uaar, “si apre una nuova stagione di lotte per introdurre anche in Italia una legge sull’eutanasia e il suicidio assistito affinché i nostri connazionali non siano costretti a cercare altrove, come Dj Fabo, ciò che lo Stato italiano dovrebbe garantire a tutti: morire nel rispetto dei propri desideri e della propria dignità”.