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Fiorello vince il ricorso in Cassazione contro il Fisco: “Lo show non è un’impresa, niente tasse sugli spettacoli”

Secondo i giudici della Corte è da accogliere l’obiezione del popolare conduttore che ha fatto presente di essersi solo avvalso dei servizi "di una truccatrice occasionale e di due autori di testi", e di non avere alcun tipo di stabile organizzazione sulla quale dover pagare l’Irap

di F. Q.

La Cassazione dà ragione a Fiorello: è ingiusto “supporre che un’attività produttiva di ingenti guadagni” possa comportare un obbligo fiscale pari a quello di un’impresa. Lo showman ha vinto così il ricorso contro il Fisco, che sosteneva che per i suoi spettacoli Fiorello avesse una struttura stabile e organizzata e che per questo dovesse pagare le tasse al pari delle altre imprese. Secondo i giudici della Corte invece, è da accogliere l’obiezione del popolare conduttore, che ha fatto presente di essersi solo avvalso dei servizi “di una truccatrice occasionale e di due autori di testi”, e di non avere alcun tipo di stabile organizzazione sulla quale dover pagare l’Irap.

Secondo la Cassazione, inoltre, il fatto che Fiorello abbia pagato 125 mila euro di tasse in tre anni – la lite fiscale riguarda infatti gli anni 1998-2001 – non può essere usato come una prova contro di lui e come indizio del fatto che i suoi redditi sono frutto di un business organizzato. È la seconda volta che questa ‘querelle’ approda alla Suprema Corte e ora il caso deve tornare all’attenzione della Commissione Tributaria del Lazio. Il verdetto depositato dalla Cassazione è contenuto nella sentenza 20863.

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