L’atto malinconico di una mancata rielaborazione del passato. Divertente, spassoso, travolgente. Ma pur sempre appeso lì, su quel grande schermo appoggiato sulla parete di una ricostruita aula universitaria, dove decine di studenti, simil pubblico del programma dell’epoca, hanno posto domande “giornalistiche” ad Arbore e Nino Frassica
La vita è sempre tutta un quiz. Trent’anni dopo, Indietro Tutta, si conferma una trovata televisiva epocale. Riguardare cos’ha fatto Renzo Arbore nel 1987, con quella regia turbinante e l’abbattimento delle quinte, lo show totale e improvvisato con mille comparse, la presa in giro pesante del sistema tv solubile da Cacao Meravigliao, è sempre come osservare e riascoltare un album originale dei Beatles tenuto in una teca. Talento puro. Solo che Indietro Tutta 30 e l’Ode, la celebrazione tv andata in onda su Rai2 (seconda puntata il prossimo 20 dicembre 2017), è stata “semplicemente” un modo di rivedere ciò che è stato. Non molto di più. L’atto malinconico di una mancata rielaborazione del passato. Divertente, spassoso, travolgente. Ma pur sempre appeso lì, su quel grande schermo appoggiato sulla parete di una ricostruita aula universitaria, dove decine di studenti, simil pubblico del programma dell’epoca, hanno posto domande “giornalistiche” ad Arbore e Nino Frassica. Un paio di curiosità da espletare sul senso del programma che fu, una gag classica di Arbore con i personaggi celebri che intervengono in collegamento sul discorso che si fa in studio (Trump che parla in pugliese e attende Mattarella per dire la sua è un tormentone di quelli veri), poi riparte il filmato d’epoca. Questo è stato Indietro Tutta 30 e l’Ode. Con una ciliegina sulla torta succulenta da lustrarsi gli occhi: Andrea Delogu vestita di bianco da infermierina alla Mariano Laurenti. Minigonna da urlo, tacco furioso, un paio di scollature su schiena e petto, e una naturale dimestichezza a mescolare humor proprio e altrui che la porterà lontano, Delogu ha come gestito il traffico del ricordo, ha domato i troppi applausi a ritmare il tempo della trasmissione (qualcosa che somiglia ai Fatti Vostri di Guardì), si è immersa nell’epica del racconto di una trasmissione che alle 2230 dal lunedì al venerdì, per circa tre mesi di programmazione nel 1987, viaggiava sui cinque milioni di spettatori con punte di otto.
La celebrazione con “l’Ode” è iniziata sulle note di una sigla memorabile, figlia del sodalizio di Arbore con Claudio Mattone, come La vita è tutta un quiz. Nulla di rifatto, tutto preso dal passato, dall’archivio Rai. Poi ecco entrare nello studio/aula universitaria Arbore e Frassica con l’esplorazione (alquanto rapida) dei cimeli del programma (la ‘ruotona della fortunona’, i costumi delle ragazze coccodé, le giacche di Frassica) appesi al muro come inchiodati al famoso passato che non passa. E se ricorderemo qualcosa, oltre al sorriso della Delogu, e all’assenza di qualunque coprotagonista del programma dell’epoca (nessuno di nessuno, da Marenco a Paolantoni, dalla Cucinotta alla Ravagnini), in questo revival della tv pubblica, sarà proprio l’immobilità in scena del duo protagonista che invece all’epoca nello spostarsi continuo, nel ballare, nello scendere/salire dalle strutture di scena, nell’azzuffarsi in finte risse, aveva reso Indietro Tutta qualcosa di ancora più “moderno” dell’altrettanto mitico Quelli della notte, show molto meno dinamico e più “divanizzato”. Poi chiaro, Arbore e Frassica hanno la loro età, e non possono più saltellare come galletti. Ma quella frizzante armonia compositiva, quella brillante mistura tra parola e movimento, che non è stata nemmeno accennata (per dire Celentano, finché ha potuto, nei suoi show di Rai1 si è trasformato nel “Molleggiato” giovanile più volte) è risultata realmente un pezzo mancante nella malinconica operazione amarcord. Anche solo per ricordare chi si era e chi si è. Storia della tv italiana.