Sono accusati di rifiuto di atti d’ufficio e di omicidio colposo per aver colpevolmente ritardato l’intervento della nave militare italiana Libra. Un mese fa il gip aveva rigettato la rihiesta di archiviazione da parte della procura di Roma
A poco meno di un mese dalla decisione del gip di Roma Giovanna Giorgianni di respingere la richiesta di archiviazione e di imporre ai pm l’imputazione coatta, la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di Luca Lucciardi, ufficiale della Marina responsabile della Sala Operativa, e di Leopoldo Manna, capo della Centrale Operativa della Guardia Costiera, per il naufragio di una imbarcazione di siriani avvenuto l’11 ottobre 2013 al largo di Lampedusa, ma in acque maltesi, nel quale morirono circa 300 persone, tra cui 60 bambini. Sono accusati di rifiuto di atti d’ufficio e di omicidio colposo per aver colpevolmente ritardato l’intervento della nave militare italiana Libra. Su questa vicenda nei mesi scorso L’Espresso ha condotto una campagna perché di facesse chiarezza sulle responsabilità.
Il gup Bernadette Nicotra ha fissato la data del 16 febbraio prossimo per l’esame della richiesta di processo.
La procura aveva inizialmente sollecitato l’archiviazione dell’inchiesta ritenendo che nessun illecito penalmente rilevante si potesse configurare dietro i presunti ritardi legati al naufragio. Diversa la lettura dei fatti da parte del gip secondo il quale ci fu un “buco” di circa 45 minuti nella decisione di intervento delle autorità italiane, così come sollecitato dai maltesi alla luce dell’intervenuto pericolo imminente di naufragio, che potrebbe essere stato determinante per la tragedia. “Le leggi del mare, le convenzioni internazionali, il codice della navigazione e il codice penale imponevano agli ufficiali oggi imputati e alla comandante indagata di intervenire tempestivamente in soccorso dei naufraghi che si trovavano palesemente in situazione di pericolo” scriveva il gip nell’ordinanza.
L’indagine è stata possibile grazie all’esposto di tre superstiti: il dottor Mohanad Jammo, Wahid Hasan Yousef e Hashash Manal, che in quel giorno persero le loro famiglie nel naufragio. I loro avvocati avevano ripercorso i fatti: “L’11 ottobre 2013 alle 12.26 giungevano le prime disperate richieste di aiuto dall’imbarcazione dove si trovavano i nostri assistiti insieme ad altri 400 profughi siriani in fuga dalla guerra (e tra loro circa un centinaio di bambini). La nave Libra della Marina Militare si trovava a una distanza di sole 19 miglia, ma interverrà solo dopo le 17.07, quando la nave si è già inabissata“. Sarebbe stato proprio quel ritardo a causare la morte di quelle persone.
(Foto di archivio)