Cambiamento della data di accredito della pensione, rivalutazione dell’1,1% dell’assegno previdenziale e restituzione dello 0,1% di aumento percepito nel 2015. Sono queste le principali novità che attendono i pensionati nel 2018. A meno di cambiamenti dell’ultimo minuto nella legge di Bilancio, la data di pagamento degli assegni pensionistici non avverrà più il primo giorno lavorativo del mese, ma il secondo o quello successivo nel caso di tratti di festività. Lo slittamento di 24 ore si materializzerà poi in maniera diversa a seconda che il pagamento avvenga attraverso le banche o la Posta, aperta anche mezza giornata di sabato. Per i sindacati dei pensionati Cgil, Cisl e Uil non c’è però alcuna buona ragione per cambiare le carte in tavola. E, del resto, anche l’Inps è convinto che sia meglio mantenere la soluzione del primo giorno bancabile per gli oltre 20 milioni di pensioni gestite dall’Istituto. “Abbiamo già chiesto al governo di intervenire per ripristinare la scadenza al primo giorno lavorativo e siamo in attesa di risposte concrete”, riferiscono fonti dei sindacati dei pensionati Cgil, Cisl e Uil.
Ma, al momento, tutto tace. Anche a dispetto del fatto che la questione del giorno di pagamento delle pensioni si riproponga ogni anno dal 2015. Fu allora che la fusione fra Inpdap e Inps fece nascere l’interrogativo sulla data di accredito degli assegni previdenziali: prima delle nozze le pensioni dei dipendenti pubblici venivano pagate il 15 del mese, mentre quelle dei privati arrivavano il primo. La fusione fece nascere l’esigenza di individuare una data unica che, dopo un lungo braccio di ferro, venne fissata al secondo giorno lavorativo del mese. Tuttavia lo scorso anno, per semplificare le procedure di Tesoro e Inps, il governo spostò il pagamento di tutti gli assegni al primo giorno bancabile del mese. Ma solo per un anno. Quindi, in assenza di una proroga nella legge di Bilancio, si tornerà al pagamento nel secondo giorno lavorativo.
La data non sarà però l’unica novità che attende i pensionati nel 2018. Dopo due anni di stallo, ripartirà la rivalutazione degli assegni: tenuto conto dell’inflazione programmata, l’aumento sarà pari all’1,1 per cento. In pratica su un assegno da 500 euro mensili, ci saranno 5,5 euro in più. Non si tratta di una cifra importante, ma pur sempre di un piccolo aumento che comunque dovrà poi “misurarsi” con il dato definitivo del caro-prezzi. Nulla esclude infatti che l’inflazione effettiva possa poi risultare più bassa di quella programmata e che di conseguenza i pensionati siano chiamati a restituire parte di quanto ricevuto. Accadrà presto per gli aumenti intascati nel 2015: a gennaio e febbraio 2018, dagli assegni verrà trattenuto infatti lo 0,1% della cifra complessiva annua dovuto a titolo di rimborso proprio per via della differenza fra inflazione programmata (0,3%) e consuntiva (0,2%) del 2015. Anche in questo caso si tratta di pochi spiccioli che, se non supereranno i 6 euro, saranno addebitati integralmente a gennaio. Altrimenti saranno spalmati sui primi due mesi del nuovo anno.