Banca d’Italia critica la moneta fiscale, ma alimenta grande confusione su questa materia complessa non distinguendo le diverse proposte: alla fine attacca in maniera indiscriminata uno strumento potenzialmente assai utile per rilanciare l’economia. La moneta fiscale consente infatti di superare i vincoli soffocanti della moneta unica senza tuttavia rompere con le (bruttissime) regole dell’Eurozona che frenano l’economia italiana.

In un suo recente intervento Bankitalia attacca la cosiddetta moneta fiscale come se essa volesse diventare una moneta parallela, ma semplicemente non è così – almeno nella versione più diffusa, quella pubblicata da Micromega e promossa, tra gli altri, dal compianto Luciano Gallino.

In realtà la moneta fiscale è un titolo di Stato coperto dal valore fiscale e subito convertibile in euro. L’abbiamo chiamata moneta fiscale per indicare che in pratica il progetto riguarda il fatto che alle famiglie, alle imprese e agli enti locali verrebbero assegnati soldi veri a titolo gratuito, come reddito aggiuntivo. L’obiettivo è di ridare ossigeno all’economia asfissiata dal rigore teutonico e di alimentare la domanda aggregata (consumi e investimenti pubblici e privati). Più domanda significa infatti più produzione e più occupazione: in breve significa ripresa economica.

I Titoli di sconto fiscale, TSF, garantiscono ai possessori (famiglie e imprese) il diritto a uno sconto sui pagamenti dovuti alla pubblica amministrazione – fisco, contributi, tariffe, multe eccetera; lo sconto è però utilizzabile solo a partire da tre anni dall’emissione: ovvero solo al quarto anno. Il differimento della loro maturità è un punto fondamentale perché altrimenti i TSF sarebbero dei semplici tagli fiscali e produrrebbero subito deficit pubblico.

Quando gli eurodeputati Marco Valli (5 Stelle) e Marco Zanni (ex 5 Stelle) hanno chiesto a Mario Draghi in persona se questo genere di titoli costituisse incremento di debito per lo Stato, Draghi rispose formalmente (16 novembre 2015): “The definition of the appropriate statistical treatment – as far as government deficit and debt are concerned – of tax credit certificates or any similar instrument does not fall within the ECB’s competence. Draghi spiegò che i titoli fiscali non sono di sua competenza e si guardò bene dall’entrare nel merito e di condannarli.

Invece Bankitalia si sente più competente di Draghi e attacca superficialmente la moneta fiscale. Afferma che essa non è una vera moneta – bella scoperta, è un titolo di Stato! -, che sarebbe poco accettata dal pubblico e dagli operatori commerciali come mezzo di pagamento, che produrrebbe debito pubblico e che andrebbe contro le regole dell’Eurozona. Ma la versione di moneta fiscale pubblicata su Micromega non incorre in nessuno di questi errori.

La caratteristica più importante dei Titoli di Sconto Fiscale (TSF) consiste nel fatto che, come qualsiasi titolo di Stato, come i BOT e i BTP, sono negoziabili e possono essere subito convertiti in euro sul mercato finanziario. Su questo mercato il valore dei TSF sarà analogo a quello di un titolo di Stato zero-coupon a tre anni: 100 euro di TSF equivarranno in sostanza a una banconota da 100 euro, o poco meno.

Quindi, una volta che i TSF verranno convertiti in euro, nel mercato reale dei beni e servizi circoleranno gli euro, e non buoni fiscali ad accettazione più o meno volontaria da parte dei creditori (negozi, supermercati, imprese, ecc). Perciò i TSF non sostituiscono l’euro nei pagamenti; invece, essendo assegnati gratuitamente alle famiglie e alle imprese (per diminuire il cuneo fiscale, renderle più competitive e mantenere in equilibrio la bilancia commerciale con l’estero), costituiscono un aumento netto del loro reddito in euro. Inoltre i TSF verrebbero assegnati agli enti pubblici e alle amministrazioni locali come risorse aggiuntive per le infrastrutture e i servizi pubblici.

Secondo Bankitalia la moneta fiscale aumenterebbe i debiti di Stato. Ma non è assolutamente così. Infatti nel momento dell’emissione dei TSF lo Stato non sborsa soldi e quindi non genera deficit fiscale; inoltre i TSF non possono essere computati come deficit perché lo Stato non s’impegna a rimborsarli in euro ma soltanto a concedere sconti sulle tasse. E gli sconti non possono mai essere classificati in bilancio come debiti finanziari.

Inoltre, nel periodo di tre anni che intercorre dall’emissione dei TSF al loro utilizzo, grazie al moltiplicatore keynesiano, l’incremento della domanda farà crescere rapidamente il Pil reale e nominale. E la crescita dei ricavi fiscali farà sì che a scadenza i TSF si ripaghino da soli.

La manovra è perfettamente in linea con i trattati europei poiché a) i TSF non sono una moneta alternativa alla moneta legale; b) i TSF sono titoli di sgravio fiscale, e in campo fiscale ogni Stato è ancora sovrano; c) i TSF non generano nuovo deficit e aumento del debito. In conclusione, la moneta fiscale è un progetto innovativo e radicale ma potenzialmente molto efficace. Un governo ambizioso, intelligente e coraggioso potrebbe emettere TSF nel giro di poche settimane con grande consenso ed entusiasmo sociale.

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