Per Matteo Renzi sul caso di Banca Etruria e sui movimenti dell’allora ministra Maria Elena Boschi va bene tutto così. “Non c’è alcun problema che il ministro dei Rapporti con il Parlamento incontri il capo di Consob” ha detto in un’intervista di Corrado Formigli a PiazzaPulita il segretario del Pd, che all’epoca dei fatti era presidente del Consiglio. Parole che arrivano dopo che Giuseppe Vegas, presidente dell’autorità di controllo sulle società, in audizione in commissione Banche, ha raccontato dell’incontro con l’ex ministra che ebbe come tema proprio la banca in cui il padre dell’esponente Pd era dirigente. Renzi, tuttavia, pensa che “non ci furono pressioni“. Anzi, si definisce “sconvolto”, viceversa, dal fatto che “questo tema sia un’arma di distrazione massa, in questi anni nelle banche ci sono state ruberie, furti e latrocini ad ogni livello, acquisizioni che gridano vendetta, un sistema che non ha funzionato e invece da due anni i media parlano quasi ed esclusivamente di Banca Etruria”.
Più in particolare, sulle responsabilità che hanno portato alla crisi di Etruria, Renzi sottolinea che “chi ha sbagliato deve pagare, ci sono state schifezze clamorose anche lì ed i controlli non hanno funzionato. Ma ricordo che noi abbiamo mandato a casa il cda“. Va precisato, come sempre, che il commissariamento del consiglio di amministrazione fu deciso da Banca d’Italia e poi ratificato dal governo.
Le ricostruzioni e le rassicurazioni del Pd non convincono naturalmente le opposizioni. Il candidato presidente del M5s Luigi Di Maio a Radio Anch’io, su Radio1 Rai, definisce la Boschi “un conflitto di interesse vivente“. “Il fatto che Boschi, che era ed è parte potente del governo, si fosse premurata in quegli anni di andare da Unicredit o da Consob per occuparsi della banca del padre è deplorevole ed è conflitto di interesse” scandisce Di Maio, aggiungendo che ormai è “come sparare sulla Croce Rossa“. All’obiezione del fatto che Boschi non abbia partecipato ai Consigli dei ministri che hanno preso decisioni sulle banche, Di Maio replica: “Ma come, non partecipa ai Consigli dei ministri e poi va in giro a parlare con altri soggetti di banche?”. Piuttosto, conclude Di Maio, “il ministro doveva andare in giro tra i risparmiatori per ristorarli. Queste persone invece sono state abbandonate dallo Stato, mentre questi signori facevano il giro delle sette chiese per salvare le banche”. A rimorchio arriva anche Raffaele Fitto, pronto a correre con la coalizione di centrodestra. “Quello che sgomenta, più ancora dei fatti, è che Renzi e Boschi fossero convinti, fino a qualche settimana fa, di poter andare all’attacco sulle banche. Quando proprio su quel terreno si sarebbero dovuti andare a nascondere: se non per convinzione, almeno per prudenza. Hanno perso lucidità, più ancora che qualunque credibilità…”.
Ma per i renziani la Boschi è “vittima di un ‘mix vomitevole di sessismo, misoginia e sciacallaggio” come dice Dario Parrini, deputato e segretario regionale toscano del Pd. “Nauseante è la macchina del fango messa in moto da un esercito di calunniatori senza scrupoli. L’immoralità di queste persone mi indigna più della loro bugiarderia. Perseguono obiettivi meschini disprezzando la verità. E non sembrano provare alcuna vergogna. Mi vergogno io per loro”.
Poi c’è la politica. Renzi annuncia che si candiderà in Toscana (così come ha auspicato per se stessa la Boschi). “Trovo meravigliosa la sfida con Salvini, mi piace” dice Renzi. La crisi del Pd? Timori nei confronti del possibile successo elettorale di Berlusconi e Di Maio? “Io temo solo che il Pd sia rassegnato, sento un atteggiamento dei dirigenti che si lamentano ma chi ha idee e candidati forti non ha paura”. Quanto alla possibilità di un bis di Paolo Gentiloni da presidente del Consiglio, Renzi riflette che “purtroppo il sistema elettorale rende la discussione sterile perché il candidato premier lo sceglie il capo dello Stato. Ma io sono così convinto di Gentiloni che gli chiesi di fare il ministro degli Esteri e un anno fa abbiamo agevolato la sua candidatura. Dipenderà da quello che succederà dopo, l’ultima cosa è disturbare il lavoro di GentilonI in questi giorni”. D’altra parte, per il leader del Pd, “qualsiasi sia il candidato Pd, Gentiloni, Minniti, Franceschini, Orlando, Delrio e ci metto en passant Renzi ciascuno di loro è più credibile anche agli occhi dei moderati di Salvini”. Gli manca Palazzo Chigi? “Ho 42 anni, se guardo i numeri è possibile ma non è il mio assillo”. “Per me – conclude – il potere è un verbo non un sostantivo, mi manca il poter far le cose, decidere e cambiare le cose. Ma per come sono fatto, al di là dell’immagine esterna, non mi manca il potere come sostantivo“.