La prima in stile hollywoodiano è andata, le luci si sono spente. Ora il Costanzi torna alla dura realtà: mentre martedì 12 sul palco andava in scena 'La Damnation de Faust', i lavoratori del Costanzi di Roma iniziavano la loro protesta: non sono stati rispettati gli accordi presi il 17 novembre 2014 sul rimborso di quote di salario lasciate in azienda "per salvare 180 lavoratori, fra coro e orchestra, dai paventati licenziamenti"
Debiti tributari, patti con i lavoratori non rispettati e un mecenate in meno a inguaiare ancora di più una situazione contabile mai tornata alla normalità. La prima in stile hollywoodiano è andata, le luci si sono spente, il red carpet è stato riavvolto e anche il vestito da fiaba a firma Gattinoni indossato da Virginia Raggi è stato riposto nel guardaroba. Il Teatro dell’Opera di Roma torna alla dura realtà, tutt’altro che rosea. Mentre martedì 12 sul palco andava in scena La Damnation de Faust di Hector Berlioz, i lavoratori dello storico Teatro Costanzi proclamavano lo stato di agitazione e il blocco di tutti gli straordinari, da qui a data da destinarsi. Quadro, se possibile, peggiorato rispetto a quello tracciato a inizio 2017. E non è un caso che l’attuale scenario finanziario abbia spinto i vertici di Piazza Beniamino Gigli ad aprire il palco della stagione invernale – in maniera inedita – a eventi pop di grande richiamo come il concerto acustico di Patti Smith di mercoledì 13.
I NUOVI DEBITI TRIBUTARI – Sui conti della Fondazione guidata dal Sovrintendente Carlo Fuortes, infatti, pesa un nuovo debito tributario con l’Irpef di ben 5,8 milioni di euro – per complessivi 12,1 milioni, da bilancio consuntivo – di cui finora non era mai stata data evidenza, ma che “potrebbe avere forti ricadute sui lavoratori” secondo quanto affermato pubblicamente dai rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil. “La Fondazione – ha replicato il Teatro dell’Opera a IlFattoQuotidiano.it – è in attesa di definire con l’Agenzia delle Entrate un piano di rientro a lunga scadenza”. E non è tutto. Non sono stati nemmeno rispettati gli accordi presi con il personale il 17 novembre 2014, ovvero il rimborso di quote di salario lasciate in azienda “per salvare 180 lavoratori, fra coro e orchestra, dai paventati licenziamenti”. La Fondazione però, replica: “Tale accordo prevedeva che ai dipendenti fosse pagato un premio di produzione (costo stimato 1,3 milioni di euro) nel caso in cui non avesse pregiudicato il raggiungimento del pareggio di bilancio”.
Le parti sociali, a fronte di quanto stabilito nello stesso accordo, fanno notare che “relativamente all’anno 2016, il costo annuale derivante dal premio di produzione doveva essere inserito nel budget previsionale 2016” e dunque liquidato dopo l’approvazione del consuntivo, avvenuta a giugno 2017. “Tutto questo è inaccettabile – attaccano i sindacati – per il semplice fatto che si è verificato un aumento significativo dei costi di produzione a parità di spettacoli prodotti (+782.000 euro da bilancio; +1.600.000 da relazione governativa), una riduzione dei costi del personale, una cifra costante in consulenze esterne (cresciuta dai 9,3 milioni del 2015 agli 11,3 milioni del 2016, ndr) e l’erogazione di premi per le figure apicali”. Fra questi ultimi, 30.000 euro al sovrintendente Fuortes “per il raggiungimento degli obiettivi”, oltre i 210mila euro di compenso annuo lordo.
COSTI DI PRODUZIONE LIEVITATI E IL MECENATE PERDUTO – Insomma, secondo le rsu territoriali “non è stato fatto alcuno sforzo per onorare un preciso impegno sottoscritto dalle parti”. A parziale supporto della tesi sindacale, interviene anche la relazione semestrale del commissario Sole. “A fronte di un numero di alzate di sipario stabile nel 2016 rispetto al 2015 (185 rispetto a 186) – si legge nella parte di relazione dedicata all’Opera di Roma – si registra un incremento non indifferente dei costi di produzione di circa 1,6 milioni in più. Tale aumento non è giustificato da significative differenze produttive e fa della Fondazione quella con il maggior costo di produzione per alzata”.
Sul groppone del Costanzi pesa anche l’assenza nel consiglio di indirizzo, a partire dal settembre 2017, del mecenate malese Francis Yeoh. Portato a Roma da Ignazio Marino, il magnate asiatico donava alle casse della Fondazione circa 1 milione di euro l’anno. Yeoh ha onorato l’impegno preso con l’ex sindaco Dem, poi ha deciso di defilarsi, lasciando però un vuoto nella sezione delle entrate nel bilancio dell’Opera. Nonostante questo, secondo quanto dichiarato dalla Fondazione al IlFattoQuotidiano.it, “attraverso i ricavi da tournee (pari a 642mila euro) e quelli legati al noleggio di allestimenti a teatri internazionali (pari a 788mila euro) saranno iscritti a bilancio ricavi non da bigliettazione pari a circa 1,43 milioni di euro”.
RAGGI PROMETTE TAVOLO CONCERTAZIONE – Un quadro non proprio roseo, dunque, che i sindacati sono riusciti ad esporre alla sindaca Virginia Raggi in un incontro in Campidoglio, a margine della presentazione del Capodanno romano – il Costanzi allestirà gran parte delle scenografie per gli eventi previsti in tutta la città – La sindaca avrebbe assicurato le parti sociali di essere a conoscenza delle difficoltà di bilancio della Fondazione e di aver programmato la convocazione di un tavolo di concertazione, a cui sarà invitato a partecipare anche il Sovrintendente.
Il dirigente nazionale di Fratelli d’Italia, Federico Mollicone, chiede invece l’intervento del ministro Dario Franceschini, “per scongiurare il peggio. L’appello alla privacy dell’ex ad di Auditorium che si rifiuta di fornire i dati di bilancio disaggregati, infatti non solo non sta in piedi ma è ridicolo”. “La gestione ordinaria della Fondazione nel 2016 – spiegano ancora i vertici del Costanzi – ha consentito di ridurre il totale dei debiti di circa un milione di euro rispetto al 2015. L’ammontare dei debiti della Fondazione al termine del 2016 ammontava a poco più di 53 milioni di euro”. Le parti sociali, tuttavia, evidenziato che questa diminuzione del debito è avvenuta “in ragione del pagamento delle rate del prestito di 25 milioni ottenuto in seguito all’adesione al programma della Legge Bray (L. 112/2013)”.