Sarebbero dei piccoli aggregati proteici i responsabili del morbo di Parkinson: l’analisi strutturale di queste molecole (oligomeri di a-sinucleina) e la loro azione sabotatrice ai danni del sistema nervoso è stata svelata da un team di ricerca internazionale del quale fa parte il gruppo fiorentino di Fabrizio Chiti, docente di Biochimica, in un articolo della rivista Science dal titolo “Structural basis of membrane disruption and cellular toxicity by a-synuclein oligomers”.

I test di tossicità che hanno svelato i meccanismi molecolari alla base della malattia, si legge su Unifi Magazine, sono stati eseguiti in particolare dal Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche “Mario Serio” dell’Università di Firenza. Lo studio è coordinato da Alfonso De Simone dell’Imperial College di Londra (Regno Unito), mentre altri contributi sono arrivati dai laboratori presso l’Università di Cambridge (Regno Unito), l’Università di Saragozza (Spagna) e l’Università di Southampton (Regno Unito). Gli studiosi hanno isolato e stabilizzato due forme di oligomeri di a-sinucleina, una tossica e l’altra innocua, e ne hanno messo in luce la struttura e le modalità di interazione con le membrane biologiche, a livello molecolare, grazie a sofisticate tecniche di risonanza magnetica in soluzione e allo stato solido, oltre ad altri metodi di indagine biofisica. La comprensione dell’aspetto strutturale ha chiarito in che modo gli oligomeri operano attaccando le cellule nervose causandone il danno.

“L’oligomero tossico riesce ad ancorarsi alla membrana grazie a un sottile elemento altamente idrofobico – spiega Chiti -. Successivamente una parte più voluminosa e strutturata dell’oligomero, anch’essa idrofobica, si inserisce all’interno della membrana della cellula nervosa destabilizzandola strutturalmente e distruggendone la funzionalità“.  In condizioni normali, negli individui sani, questi piccoli oligomeri sono neutralizzati da un complesso sistema chiamato omeostasi proteica (proteostasis network). Negli individui anziani, quando questo sistema di controllo neuronale perde efficienza, gli oligomeri riescono a formarsi più insistentemente e ad agire indisturbati in specifiche aree del cervello. “I risultati emersi da questo lavoro – spiega ancora Fabrizio Chiti – hanno non solo un valore legato all’avanzamento delle conoscenze dei meccanismi della malattia di Parkinson, ma offrono anche la base molecolare per un possibile intervento terapeutico“. Lo stesso gruppo di ricerca fiorentino aveva contribuito a individuare una molecola in grado di scalzare gli oligomeri tossici di a-sinucleina dalla membrana neuronale permettendo l’avvio di una sperimentazione su 40 pazienti in corso dal maggio 2017 negli Stati Uniti approvata dal Governo e di cui sono attesi i risultati della prima fase entro fine anno. “Dai primissimi risultati – dice sempre Chiti – sembra che molti dei pazienti coinvolti nella sperimentazione negli Usa abbiano ricevuto benefici più che incoraggianti”.  “Proprio dall’analisi comparativa e complementare della struttura di questa molecola e degli oligomeri tossici – aggiungono le studiose fiorentine Cristina Cecchi e Roberta Cascella – è possibile identificare i target molecolari più promettenti per la messa a punto di una nuova generazione di farmaci finalizzati a un efficace intervento terapeutico nel Parkinson”.

Lo studio su Science

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