Al momento gli inquirenti non escludono alcuna ipotesi compresa quella del gesto legato ad ambienti delle tifoserie calcistiche. Il commissariato Prati, infatti, ha un ruolo centrale nell’organizzazione della sicurezza dello stadio Olimpico
È l’Antiterrosimo che indaga sull’episodio della bomba molotov lanciata ieri sera, intorno alle 21, all’esterno del commissariato Prati a Roma. Le indagini sono affidate al pool antiterrorismo coordinato dal procuratore aggiunto Francesco Caporale. A Piazzale Clodio si attende una prima informativa dalla Digos. Al momento gli inquirenti non escludono alcuna ipotesi compresa quella del gesto legato ad ambienti delle tifoserie calcistiche. Il commissariato Prati, infatti, ha un ruolo centrale nell’organizzazione della sicurezza dello stadio Olimpico.
A tirare la molotov una persona, con il volto coperto da casco, in sella a uno scooter che arrivando in via Ruffini ha rallentato e, dopo aver tirato la bottiglia incendiaria, è scappato. Centrato un vecchio furgone della polizia parcheggiato nell’area di sosta davanti al commissariato che è rimasto danneggiato nella parte anteriore. Sulla vicenda sono in corso indagini dei poliziotti del commissariato Prati e della Digos per risalire al responsabile.
L’episodio avviene a pochi giorni di distanza dall’esplosione di un ordigno rudimentale davanti alla stazione dei carabinieri San Giovanni. La bomba, dotata di timer, è esplosa alle 5,30 del 7 dicembre, in via Britannia. Fortunatamente in quel momento non passava nessuno in strada e non ci sono stati feriti neanche tra le persone presenti all’interno dell’edificio, circa una decina. La deflagrazione ha danneggiato un’auto in sosta e mandato in frantumi la finestra di un palazzo vicino. La Procura di Roma ha aperto subito un fascicolo per terrorismo e sono scattate indagini dei carabinieri del Nucleo Informativo e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma e i carabinieri del Ros. Ancor prima della rivendicazione le indagini si sono indirizzate verso la galassia anarchica per individuare i responsabili. Poi in serata la rivendicazione web firmata dal Fai-Fri (Federazione anarchica informale- Fronte rivoluzionario internazionale), Cellula Santiago Maldonado, l’attivista argentino che appoggiava la causa delle popolazioni indigene Mapuche trovato morto nell’ottobre scorso 78 giorni dopo essere scomparso. “La notte scorsa abbiamo portato la guerra a casa del ministro Minniti. Con questa azione lanciamo una campagna internazionale di attacco contro uomini, strutture e mezzi della repressione”, si leggeva nella rivendicazione.