La detenzione di Marcello Dell’Utri è “inaudita cattiveria”, la commissione Antimafia regionale va rivista, gli stipendi dei dipendenti dell’Ars non si toccano ché “il marxismo ha fallito”. Così Gianfranco Micciché, deus ex machina dell’elezione di Nello Musumeci e plenipotenziario di Forza Italia in Sicilia, ha salutato la sua elezione a presidente dell’assemblea regionale, arrivata dopo una prima giornata di votazioni andata a vuoto e la seconda aperta dal caos in aula per il gesto di un deputato dell’Udc che ha mostrato la sua scheda già votata all’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone.
Neanche il tempo di ringraziare i 39 deputati che lo hanno votato, quattro dei quali del Pd, e Micciché ha dettato l’agenda dalla poltrona sulla quale si era già accomodato nel 2006, quando il governatore era Totò Cuffaro. Se cinque anni fa, da candidato presidente, aveva detto che era un errore intitolare l’aeroporto di Punta Raisi a Falcone e Borsellino, ai quali bisognava preferire “Archimede o altre figure della scienza, figure positive”, adesso uno degli obiettivi è “modificare” la commissione regionale Antimafia, guidata fino a poche settimane fa proprio da Musumeci, perché “così com’è non va”, ha spiegato annunciando di aver già chiesto a Claudio Fava la disponibilità a confrontarsi.
Poi ha pregato i giornalisti di non “rovinare” la sua “giornata di felicità” con domande su Marcello Dell’Utri, difeso a spada tratta: “Nei suoi confronti c’è stata una cattiveria infinita. Sono stato zitto, perché mi hanno detto che dovevo essere votato ma ora parlo”, afferma Micciché. A suo avviso c’è stata “inaudita cattiveria” da parte “di qualcuno che si arroga il diritto di essere Dio” lasciando in carcere il fondatore di Forza Italia. “Una cosa insopportabile, non umanamente ma istituzionalmente”, aggiunge augurandosi che “questo Paese reagisca ma mi pare difficile”. Il tutto a neanche ventiquattr’ore dalla requisitoria dei magistrati nel processo Trattativa durante il quale i pm hanno spiegato che “Dell’Utri andò dai boss prima di creare Forza Italia”.
Prima della lunga parentesi sul fondatore del suo partito, che sta scontando una condanna a 7 anni per concorso in associazione mafiosa, Micciché ha parlato di tagli e sprechi che “dovremo continuare ad eliminare, senza inseguire la demagogia“. Ma i dipendenti dell’Ars possono dormire sonni tranquilli: “Nessuno mi chieda di tagliare gli stipendi”, ha tagliato corto. Il motivo? “Il mondo ha dichiarato da tempo l’insuccesso del marxismo: stipendi tutti uguali non ce ne possono essere, chi merita di più deve guadagnare di più”.