“Sono i dati. Dati oggettivi, abbiamo fatto studi. Ve li posso dare”. Tito Boeri a stento mantiene la calma mentre parla di vitalizi davanti alla platea dell’associazione degli ex parlamentari. I distinti ex rappresentanti delle istituzioni ascoltano il presidente dell’Inps e protestano: “Ma cosa dice“. E poi brusii, tentativi di interrompere e commenti ad alta voce di chi proprio non può accettare quello che sente: “I parlamentari non sono uguali agli altri cittadini“, arrivano a dire. E’ il 13 dicembre e a Roma si tiene il convegno dal titolo “Populismo e democrazia rappresentativa”. Mentre la legge che dovrebbe decidere, finalmente, il taglio dei vitalizi anche per gli ex giace in Senato e quasi sicuramente non sarà approvata, Boeri decide di presentarsi davanti ai veri detentori dei privilegi e fare due proposte, per lui minime, per loro indegne. Innanzitutto trasparenza dei contributi versati e poi il devolvere su base individuale quella parte del vitalizio che verrebbe tagliata al reddito di inclusione: “Perché mi ricordate chi è sulla plancia del Titanic”, dice. “Avete atteggiamenti anacronistici in un Paese che ha 4 milioni e mezzo di poveri e una disoccupazione giovanile al 40 per cento”. E poi, “perché avete una responsabilità collettiva: avete messo in piedi un sistema palesemente insostenibile e ora dovete rispondere, non potete ignorare il problema né fare le vittime”. Apriti cielo. La sala si scalda, come testimonia l’audio pubblicato da Radio Radicale e la ricostruzione del Corriere della Sera, e il professore della Bocconi deve interrompersi più volte.
Viene incaricato di rispondere a Boeri, primo fra tutti, il professor Biagio De Giovanni: “Il parlamentare come figura non è uguale agli altri: rappresenta la nazione”, è la frase che racchiude tutto e che per poco non fa venire un infarto al presidente Inps. “Questo è un punto fondamentale che il populismo perde di vista”, insiste De Giovanni. “Il parlamentare è un individuo privilegiato. E’ impensabile che un deputato possa avere in maniera eguale il contributo di chi fa 35 anni di carriera”. E ancora: “Chi fa tre legislature è fortunato. Perché il parlamentare che ha dedicato la sua vita alla politica non deve poter vivere dignitosamente la sua vecchiaia? E’ il populismo che dice questo. E quando il vitalizio sarà abolito, quale persona lascerà il suo lavoro? Ci sarà una caduta della qualità dei parlamentari. Di questo non si parla mai”. Boeri replica però e presenta un quadro molto diverso della situazione: “Ci sono molti studi sulle carriere dei politici. Ci sono dati oggettivi. Dimostrano che dopo un mandato parlamentare, il reddito delle persone aumenta. Fare il parlamentare è un investimento sul proprio reddito”. La sala impazzisce. Le voci si alzano e Boeri deve interrompersi: “Sono dati. Ve li posso dare. E poi aggiungo: non è vero che aver dato trattamenti più favorevoli ha migliorato la composizione della nostra classe politica. Da quando sono aumentate le indennità ai parlamentari, abbiamo avuto un peggioramento del livello di istruzione: la quota dei laureati è diminuita in modo molto forte”. Quindi la conclusione di Boeri: “Mi sembra che l’affermazione fatta: i parlamentari devono essere trattati in modo diverso, sia quello che davvero spiana la strada al populismo”.
Del resto la compattezza del partito dei vitalizi non è un mistero. Un saggio della proverbiale generosità degli ex parlamentari si è avuto il 22 marzo scorso alla Camera. Veniva approvata allora, tra mille proteste, la delibera di presidenza proposta dal Pd che ha introdotto un “contributo di solidarietà” dal 10 al 40% dei vitalizi sopra i 70mila euro. Un piccolo impegno a tempo (tre anni) per sgambettare l’abolizione richiesta a gran voce dai 5 Stelle che finì tra fischi e urla. Il fatto è che a molti ex anche quella (piccola) dazione non è mai andata giù, a fronte di una pensione d’oro incassata per anni. E infatti una trentina di beneficiari ha proposto ricorso. Il legale del manipolo di ricorrenti, l’ex onorevole Maurizio Paniz, già percettore di un vitalizio da 2mila euro circa, sentito dal fattoquotidiano.it conferma che la causa è andata avanti nonostante il rischio di fomentare altra rabbia contro la casta: “L’ultima udienza si è tenuta a fine novembre. E’ in attesa di sentenza”. In realtà è più di una causa, è una vera class action. All’azione legale a Montecitorio si aggiungono infatti quelle intentate in altre sedi: “A memoria – dice Paniz – ci sono anche
70 consiglieri del Friuli Venezia Giulia, 60 del Veneto. Ma ci sono anche consiglieri dell’Emilia Romagna e della Basilicata”.
L’intervento di Boeri davanti agli ex dura quindici minuti e sembra la resa dei conti che il presidente Inps non ha mai potuto avere, almeno non faccia a faccia pubblicamente. I concetti li ha già espressi più volte, ma ora aggiunge la proposta che gli ex facciano un “gesto di generosità per ripagare una situazione di cui sono collettivamente responsabili”. “Credo”, esordisce, “che possiate dare un importante contributo alla lotta alla deriva populista. A condizione che si superi un atteggiamento che è il vittimismo e il giuridichese di diritti acquisiti”. Quindi continua: “Nessuno mette in discussione la vostra onestà intellettuale: voi avete seguito delle regole, non avete fatto niente di sbagliato dal punto di vista individuale. Ma dal punto di vista collettivo avete delle grandissime responsabilità nella perdita di credibilità della nostra classe dirigente: avete concepito e messo in atto, credo per non pochi di voi consapevolmente, un sistema pensionistico palesemente insostenibile fin dall’inizio”. Boeri spiega allora perché: “Tutti i sistemi pensionistici sono tali per cui all’inizio della loro storia alimentano grandissimi surplus: ci ci sono molti contribuenti e ci sono pochissimi percettori di pensioni. Il vostro sistema fin dall’inizio è stato un sistema in cui la spesa per vitalizi era più alta dei contributi versati”. Pur avendo un numero fisso di contribuenti. “Le regole le avete scritte voi, sapevate che era un sistema insostenibile e che avrebbe finito per gravare sulla collettività. Questa è la vostra responsabilità storica e non potete ignorare di averla. Non avete rubato individualmente, ma c’è stata questa scelta di fondo. Non potete avere giustificazioni. Non potete ignorare il problema né fare le vittime“.
Boeri parla della possibilità di recuperare, da quei ipotetici tagli volontari, 200 milioni di euro all’anno: “Non sono pochi per un Paese come il nostro”. Quindi nella pratica chiede: “Intanto massima trasparenza: trovo grave che in Italia non si possa ancora sapere quali i contributi sono stati versati dai parlamentari. Se avessimo i dati potremmo ricostruire la situazione del singolo parlamentare”. Per Boeri si tratta di un atto dovuto: “Voi avete avuto delle cariche elettive, nell’ambito di queste avete versato dei contributi. Questo fa parte dell’obbligo di trasparenza che tutte le persone che hanno delle cariche elettive e pubbliche dovrebbero perseguire”. Quindi la proposta di auto tagliarsi il vitalizio: “Credo che sia giusto che voi diate dei segnali di disponibilità a contribuire ai problemi che ci sono oggi all’interno del nostro Paese: penso che molti di voi sarebbero anche disposti, ma temono che se lo facessero sarebbe come ammettere una colpa. Ma io lo ripeto. Non è una colpa individuale, non penso che siate disonesti“. Quindi, continua mentre si alza il brusio, “potreste devolvere una parte della riscontrata deviazione tra il contributivo e i vitalizi percepiti ad un fondo. E questa norma potrebbe essere usata per potenziare il primo strumento introdotto in Italia di contrasto alla povertà: il reddito di inclusione. Io penso che con un gesto di questo tipo dareste un segnale molto importante in questo Paese”. Ma niente da fare. Nemmeno avesse pronunciato la più grande delle bestemmie. Boeri viene contestato e criticato: i parlamentari non sono uguali agli altri, è la loro convinzione. E nessuno ha intenzione di metterla in discussione.