Ambiente & Veleni

Tap, il bassissimo livello della discussione sui media

Quello che stupisce di più, sulla controversa vicenda del gasdotto in costruendo, con approdo sulle coste di Melendugno (LE), è il bassissimo livello della discussione sui principali media. Stiamo fermi a: Tubo grande, tubo piccolo, no, tubo medio. Talmente grottesco da ricordare una vecchia pubblicità dei pennelli. Grotteschi sono tanti aspetti dal principio, per citare le inchieste de l’Espresso, per chi avesse corta la memoria, a differenza del tubo.

Da cittadino salentino, fa molta impressione vedere Lecce e Melendugno militarizzate, così come le centinaia di poliziotti messi a tallonare i “pericolosi eversivi” che, nell’ordine, ripuliscono dai rifiuti la spiaggia di san Basilio o manifestano in città, a migliaia, chiedendo da anni di far valere la propria idea di fruizione del territorio mentre taluni rappresentanti in Parlamento fanno veloci carriere cambiando idea sulla strada per Roma, convertiti come San Paolo nel quadro di Caravaggio.


E così i cittadini di Melendugno, e migliaia di salentini, vengono irrisi da molti media, dai politici locali e nazionali e persino da qualche docente universitario che si improvvisa esperto di energetica e offende la popolazione che protesta, senza averne alcun diritto, né titolo. Cosa che diventa anche sconcia quando si ometta di dichiarare di esser parte in causa, essendo finanziati dalle aziende coinvolte nell’opera strategica. Se permettete, con un peso specifico ben dissimile da quello delle decine di docenti e tecnici che, a titolo gratuito, hanno supportato il sindaco di Melendugno, Marco Potì, benché privi di analoga ribalta mediatica. E finanziamenti.

Per tenere il piano della discussione lontano da quello della polemica, le domande che bisognerebbe porre ai propugnatori dell’opera strategica dovrebbero essere altre, visto che qualche italiano, seriamente preoccupato di non poter riscaldare la propria stanzetta nell’incipiente inverno, teme seriamente le gravi ripercussioni derivanti dalla mancata realizzazione del gasdotto.

Sarà davvero azero il gas in arrivo, come sbandierato sui media? Non sarà che i 20 miliardi di metri cubi annui che, a regime, dovrebbero passare attraverso il tubo, (0.9 m di diametro e una pressione di 140 bar in Adriatico), saranno, anch’essi, inesorabilmente russi, come paventato da L’Espresso? Cito testualmente: “Nel dicembre 2016, dopo la fine delle ostilità fra turchi e russi in Siria, la Gazprom ha siglato un accordo a Istanbul per un nuovo gasdotto sottomarino, il Turkish Stream, con approdo previsto a Ipsala: la stessa città di confine tra Grecia e Turchia che è il punto d’incontro fra Tanap e Tap. L’intesa è stata firmata dal ministro turco Albayrak alla presenza del suocero Erdogan e del presidente russo Vladimir Putin, che ha garantito ‘sconti alla Turchia sul prezzo del gas’. Ora la Gazprom pianifica di allacciarsi proprio al gasdotto per l’Italia, che guarda caso ha una capacità inutilizzata di altri dieci miliardi di metri cubi. Il risultato sembra quasi una beffa di Putin, Erdogan e Aliyev: più gas per tutti aggirando l’Ucraina, nemica di Mosca e amica dell’Europa”.

Secondo l’Analisi trimestrale Enea del sistema energetico italiano (II trimestre 2017), la criticità dei dati relativi all’importazione di gas che, “con la costante diminuzione della produzione nazionale la dipendenza dalle importazioni potrebbe superare il 92%”, “viene stemperata dall’altra peculiarità italiana, stavolta “positiva”, cioè l’elevato livello di diversificazione delle fonti di approvvigionamento, più elevato che nel resto d’Europa”. L’Italia già godrebbe, secondo Enea, di “una maggiore diversificazione delle forniture, grazie alla leggera riduzione del peso del gas russo (peraltro in ripresa dal II trimestre), coperta dai maggiori flussi da Algeria, Nord Europa e Gnl”.

Possiamo parlare di emergenze negli approvvigionamenti, soprattutto in vista della necessaria riduzione degli approvvigionamenti da fonti fossili in base agli accordi internazionali sulle emissioni climalteranti?

Bisogna considerare alcuni punti:

1. Dato che l’Italia ha una “dipendenza energetica” dall’estero dell’81 % (fonte Eurostat, vedere infografica) dove sta il vantaggio di un ulteriore approvvigionamento straniero invece di puntare sulle energie rinnovabili?

2. Ci si dimentica spesso che il gas è una risorsa fossile e inquinante, anche se in misura minore rispetto al petrolio. Lo sapevate che dal 2019, la Banca Mondiale non finanzierà più progetti per lo sfruttamento di petrolio e gas affinché si acceleri la transizione verso le rinnovabili? Ciò in ossequio agli impegni presi a Parigi nella Conferenza Mondiale sul clima Cop21.

3. Perché continuare a dire che si tratta solo di un semplice tubo se tra i comuni di Melendugno, Vernole e Calimera verrà costruita una centrale di depressurizzazione potenzialmente confrontabile con quella esplosa in Austria, pochi giorni fa?

4. Infine, visto che la Puglia è una regione che produce più energia rinnovabile delle altre e produce più energia di quella che consuma, perché non parlare di una premialità per le regioni energeticamente virtuose? Chiamatelo pure “residuo energetico”.