Un esponente di centrodestra e il leader del Movimento 5 Stelle. Sono Roberto Di Mauro e Giancarlo Cancelleri i due nuovi vicepresidenti dell’Assemblea regionale siciliana. Dopo la contestata elezione di Gianfranco Micciché sulla poltrona più alta di Palazzo dei Normanni, il Parlamento dell’isola è tornato a riunirsi per eleggere i due vice del leader di Forza Italia.
Come vicepresidente vicario è stato eletto Roberto Di Mauro, rieletto all’Ars con la lista Popolari e Autonomisti ispirata dall’ex ministro Saverio Romano e dall’ex governatore Raffaele Lombardo: ha ottenuto 37 voti, due in più della maggioranza di centrodestra. Si è fermato a 27 voti, invece, l’altro vicepresidente Cancelleri, candidato governatore dei pentastellati alle regionali dello scorso 5 novembre: ha raccolto comunque sette preferenze in più dei deputati del M5s. Una scheda era bianca, un voto è andato ad Antonello Cracolici e uno a Giuseppe Lupo , entrambi del Pd (il primo, però, ha congelato la sua iscrizione al gruppo parlamentare), un altro a Matteo Mangiacavallo del M5s. A votare sono stati 68 deputati presenti in aula, nessun astenuto e nessuna scheda bianca. L’aula è stata sospesa e rinviata a mercoledì 20 dicembre alle ore 16 per eleggere il consiglio di presidenza.
Lo scrutinio è avvenuto tra le polemiche a causa delle continue denunce della scrutatrice Valentina Zafarana del M5s per i “segnali identificativi nelle schede elettorali”. Dopo un momento di stasi, Miccichè ha sollecitato il seggio elettorale ad andare avanti “mettendo a verbale” quanto denunciato. “Non possiamo fermarci“, ha detto il proconsole di Silvio Berlusconi in Sicilia. Se i pentastellati, dunque, ottengono una poltrona storicamente riservata all’opposizione (sono la prima forza dell’isola), escluso è invece rimasto il Pd. Sabato scorso quattro franchi tiratori interni ai dem hanno violato gli ordini di scuderia e invece di votare il candidato di bandiera sono stati fondamentali per l’elezione di Micciché. Un tradimento che ha fatto implodere il partito ad oggi senza capogruppo, senza una linea concordata con Roma e con alcuni consiglieri che non hanno ancora formalizzato l’iscrizione al gruppo.