Prima l’affondo, poi la precisazione scambiata subito per un assist dal segretario del Pd Matteo Renzi che si precipita a commentare: “Ringrazio molto il governatore Ignazio Visco, mi fa piacere che fughi ogni dubbio sul comportamento dei ministri. Nessuno di loro ha mai svolto pressioni ma solo legittimi interessamenti legati al proprio territorio”. Ma – a parte i fedelissimi dell’ex premier – davvero qualcuno crede che il governatore della Banca d’Italia abbia “messo la parola fine alla strumentalizzazione del caso Etruria” (come ha commentato il renziano di ferro Marcucci)? Nel corso della sua audizione alla Commissione banche,Visco ha piuttosto affermato, peraltro con sottile perfidia, che sul caso Etruria c’è stato un interessamento dell’allora presidente del consiglio, oltre a confermare due incontri tra la ministra Maria Elena Boschi e il vicedirettore generale di Bankitalia, Fabio Panetta anche mentre l’istituto era sotto ispezione. Perfidia perché prima di entrare in argomento, il governatore ha osservato che in quel periodo il suo “livello di attenzione” per la questione Banca Etruria era “modesto” (“il mio di governatore, non quello della vigilanza che era invece alto”, ndr) in quanto le preoccupazioni si concentravano piuttosto sulla situazione del Monte dei Paschi e sugli stress test, costruiti in un modo tale (nuova recessione e nuova crisi dei debiti sovrani dopo due recessioni fortissime) da risultare “pessimi” per il sistema bancario italiano. Perciò, spiega Visco, “fui colpito quando ebbi un incontro con il presidente del consiglio ed ebbi una richiesta di informazioni”.

Non nel primo incontro (“in cui si parlò di boyscout”), non nel secondo, ma in un terzo incontro a Palazzo Chigi nell’aprile 2014 in cui Renzi “chiese perché questi di Vicenza si vogliono prendere questi di Arezzo? E parlò degli orafi”. Il governatore ha poi aggiunto: “La presi come una battuta sugli orafi delle due città e come tale risposi”. Ma non fu l’unico interessamento del presidente del consiglio: “C’è stato anche un altro incontro alla presenza anche in questo caso di Padoan e Delrio, a colazione da noi (in Banca d’Italia, ndr). A una richiesta che ci fu io dissi: caro presidente, delle banche in difficoltà io parlo con il ministro secondo un’interpretazione molto rigorosa del segreto d’ufficio che noi abbiamo sempre avuto”. Visco ha poi spiegato di non aver vissuto la cosa come una forma di pressione, ma ha confermato che Renzi “la domanda la fece”. E’ proprio il periodo in cui la ministra Boschi si dà un gran daffare sul caso Etruria: dopo aver incontrato a Milano il presidente della Consob Giuseppe Vegas, incontra non una ma due volte il vice direttore generale della Banca d’Italia, una prima volta nel novembre 2014 e la seconda nel gennaio 2015, appena prima del commissariamento della banca, ma senza “fare alcuna pressione”.

Incalzato dalle domande dei commissari, il governatore ha poi cercato di attenuare il peso delle sue affermazioni ribadendo che nel primo incontro con Renzi quella del presidente del consiglio gli era parsa una battuta divertente, nulla più (e della seconda richiesta di informazioni, quella fatta a pranzo in Banca d’Italia, non ha più parlato), mentre riguardo alla ministra Boschi ha letto i verbali degli incontri con Panetta, da cui risulta che la ministra aveva chiarito di “non voler trattare atti e decisioni relativi a Etruria o alle sanzioni ricevute dal padre” e si era limitata a manifestare “il dispiacere e le preoccupazioni sulle conseguenze della crisi di Banca Etruria sul territorio”. Tanto è bastato a Renzi e a molti esponenti del Pd per dichiarare che il caso Etruria “è chiuso” perché nessuno avrebbe fatto “pressioni” per ottenere alcunché. In realtà, il governatore Visco ha confermato che il caso Etruria ossessionava il governo al punto da indurre persino il premier a informarsi – senza averne titolo – delle questioni dell’istituto, nonostante in quel periodo i problemi in campo bancario fossero ben altri e ben maggiori.

Non solo la Boschi quindi. Cosa si intenda poi per “pressioni” è tutto da capire, anche perché il governatore non ha fatto riferimento a colloqui e richieste di informazioni sulle banche in difficoltà in generale, ma ancora una volta sempre e soltanto a richieste aventi come oggetto Banca Etruria, sia da parte della Boschi, sia di Renzi. Come definire questo iperattivismo governativo, che si è poi tradotto anche in concrete richieste a banchieri di valutare l’opportunità di un’acquisizione di Banca Etruria (la Boschi con l’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni che verrà audito tra poche ore, e il ministro Del Rio con il numero uno della Popolare dell’Emilia), oltre che con indebite interlocuzioni con le autorità di vigilanza? Un’ossessione fa presto a mutarsi in una forma di pressione se a chiedere attenzione su una vicenda sono ministri in carica e presidenti del consiglio. Che poi dette pressioni non siano andate a buon fine è tutto un altro discorso. Del resto, lo stesso tentativo di Renzi e del Pd di delegittimare Visco alla fine non è riuscito e il governatore della Banca d’Italia esce anzi dall’audizione in Commissione banche più forte di prima, almeno agli occhi del Palazzo. Lo dimostrano anche le affermazioni del presidente del Pd Matteo Orfini che al termine dell’audizione ha detto di aver “apprezzato la grande disponibilità e onestà intellettuale del governatore che ha riconosciuto alcune mancanze di Bankitalia, ha riconosciuto che la comunicazione con la Consob non ha funzionato al meglio. Insieme cercheremo di capire come migliorarla in futuro e capire se servono elementi normativi nuovi”. Insomma, su quel fronte la partita è stata persa su tutta la linea. Quanto ai risparmiatori traditi, hanno visto tutto un altro film, ma l’attenzione dei commissari è ormai tutta rivolta a quello che si preannuncia un mercoledì molto caldo: quello dell’audizione di Ghizzoni.

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