Un video amatoriale, girato nel 2012 all’interno della casa circondariale “Luigi Bodenza” di Enna, mostra lo spettacolo teatrale, intitolato “Rinaldo in campo”, realizzato dall’ambito di un corso di studi per detenuti. Tra i teatranti c’è il giovane tunisino Anis Amri, con indosso una camicia bianca a maniche corte, un pantalone scuro, e suona un djambe. Con il suo tamburo detta i tempi della narrazione, nessuno avrebbe potuto immaginare che a distanza di anni, quel ragazzo sarebbe stato l’artefice dell’attentato terroristico dei mercatini natalizi di Berlino, rivendicato dall’Isis, e che ha provocato la morte di 12 persone e 56 feriti. Il fattoquotidiano.it è entrato in possesso del video amatoriale, grazie alla collaborazione con il quotidiano tedesco Die Welt, che ha realizzato un video documentario, a firma di Helmar Buechel e Stefan Aust, ricostruendo la vita di Anis e le falle del sistema tedesco nel corso delle indagini prima e dopo l’attentato.
“Era un giovane dal viso pulito, apparentemente, che gli operatori hanno provato ad inserire nei progetti, anche con la sua disponibilità”, ci racconta Letizia Bellelli, direttrice della casa circondariale Luigi Bodenza. Una convivenza però difficile, alternata da momenti di partecipazione e pacifica, a raptus di rabbia e ira. “D’improvviso aveva momenti d’insofferenza, che si manifestavano con liti e aggressioni con gli altri detenuti o compagni di stanza, con qualche operatore e persino atti di autolesionismo”. Il ragazzo va in escandescenza se non può giocare a calcetto, o se gli viene vietato qualcosa. Per questo più di una volta chiede di essere messo in isolamento. “A seguito di questo suo disagio, chiedeva di stare da solo, poi nell’ultimo periodo voleva essere trasferito un’altra struttura, ed è stato accontentato”, conclude la Bellelli.
Anis ha scontato in Sicilia una condanna a quattro anni per lesioni personali, minacce aggravate e incendio doloso, per aver i fatti avvenuti all’Istituto “Romeo Sava” di Belpasso nell’ottobre 2011. Durante la detenzione, è stato trasferito in sei diverse strutture, sempre a causa di problemi con gli altri detenuti o addetti ai lavori. I primi sintomi del carattere ribelle, si erano evidenziati nel corso della convivenza al centro per minori alle pendici dell’Etna. “Noi avevamo dei ragazzi molto piccoli, con situazioni familiari molto complesse, non pensavamo di dover ospitare dei ragazzi così grandi, si capiva che non erano minori”, spiega al fattoquotidiano.it Carlo Sinatra presidente dell’Istituto. Per venire incontro agli ospiti, è assunto un mediatore culturale e preparato un menù culinario appropriato, ma le richieste di Anis e degli altri ragazzi vanno oltre. “Volevano alcool, sigarette e soldi, chiedevano schede telefoniche, di poter uscire dal centro e lavorare”, aggiunge Sinatra.
Forse a causa della frustrazione di non poter essere liberi, e in preda ai fiumi di alcool e fumo, che Anis insieme ad altri quattro ragazzi stranieri, aggrediscono la notte del 22 ottobre un educatore del centro e appiccano il fuoco a due materassi. Solo il pronto intervento dei pompieri ha evitato la tragedia. I ragazzi sono arrestati e trasferimenti al carcere di Piazza Lanza a Catania, mentre l’educatore è finito in ospedale con due costole rotte e un trauma cervicale. “È sembrato fin da subito un ragazzo diverso da tutti gli altri, un po’ schivo e riservato, dava meno confidenza, forse da questo si capiva che aveva avuto un trascorso diverso dagli altri”, racconta l’avvocata Carmen Sorrentino, al quale era stata affidata inizialmente la tutela legale durante la permanenza all’Istituto Sava. “Quando ho visto la sua foto in televisione non ci volevo credere, è molto difficile pensare di aver avuto contatto con una persona in grado di organizzare un attentato di quel genere, sono rimasta senza parole”, conclude l’avvocato Sorrentino.