Non solo l’allora ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, che come rivelato nel suo ultimo libro dall’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli effettivamente nel dicembre 2014 gli chiese di valutare l’acquisizione di Banca Etruria. Nella sua attesa audizione davanti alla Commissione bicamerale di inchiesta sulle banche, l’ex numero uno di Unicredit Federico Ghizzoni ha sganciato una bomba su tutto il Giglio magico renziano. Chiamando in causa anche Marco Carrai, sodale di Matteo Renzi, presidente di Aeroporti Firenze e membro del consiglio direttivo della Fondazione Open, che organizza la Leopolda. “Mi mandò una mail per sollecitare una risposta. La mia reazione fu di pensare chi poteva avere chiesto un sollecito da parte del dottor Carrai. Esclusi che fosse stata la banca. Risposi che il nostro canale di comunicazione sarebbe stato direttamente con l’Etruria, avremmo risposto a loro una volta finita la valutazione”.
I primi contatti con il tramite di Mediobanca – Il “primo contatto” che Unicredit ebbe con Banca Etruria, ha rivelato Ghizzoni, “fu il primo settembre 2014. Marina Natale, allora responsabile fusioni e acquisizioni (m&a) della banca, fu contattata da Mediobanca che agiva come advisor per l’Etruria alla ricerca di investitori. Fummo contattati con una lettera e ci fu chiesto se eravamo interessati a esaminare il dossier per un eventuale ingresso nel capitale. Rispondemmo immediatamente che non c’era interesse da parte nostra”. Poi il 6 e 7 settembre 2014, nel corso del Forum Ambrosetti di Cernobbio, “incrociai la ministra Boschi ma non ci fu nessun tipo di contatto con lei”. Il primo incontro tra Ghizzoni e l’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Gentiloni, fu l’11 settembre a Palazzo Chigi, presente il capo delle relazioni istituzionali di Unicredit: “Fu un incontro di natura istituzionale, si parlò delle politiche del governo Renzi e molto in generale delle banche, ma non su specifiche banche, in questo incontro non ci fu nessun riferimento a Banca Etruria”.
A fine ottobre 2014 fu direttamente l’Etruria a chiedere un incontro con Ghizzoni, “menzionando alla mia segretaria che ne erano al corrente organi istituzionali. Personalmente pensai alla vigilanza, a Banca d’Italia”. Intanto il 5 novembre Roberto Nicastro, allora direttore generale, “mi disse che era stato contattato dal presidente Rosi per sondare l’interesse di Unicredit”. Il 4 novembre, alla festa per i 15 anni di Unicredit, la Boschi aveva chiesto all’ad se potevano sentirsi nelle successive settimane, prima di fine anno.
In seguito il 3 dicembre 2014, ci fu il primo incontro tra Ghizzoni, il suo assistente, Rosi e l’allora advisor della banca Paolo Gualtieri (poi commissario dell’Etruria). “Mi fu illustrata la situazione, mi dissero che doveva trovare un investitore in tempi rapidi in quanto c’era il rischio di commissariamento. Mi furono illustrati l’avvio della trasformazione in spa e l’idea di separare bad bank e good bank, oltre al’ipotesi di ridurre di 400 persone la forza lavoro e di tagliare le filiali. mi si chiese se c’era interesse di intervenire nel capitale. Risposi che la vedevo molto complicata per i tempi stretti e perché stavamo tutti aspettando la definizione dei nuovi capital ratio da parte della Bce e la risposta era attesa per gennaio e prima di quella data era difficile avviare operazioni che richiedevano assorbimento di capitale”. In ogni caso l’istituto di Piazza Gae Aulenti riconsiderò il dossier visto che la situazione era cambiata rispetto a settembre: la palla fu passata alle strutture tecniche per le loro analisi. “A quanto mi disse Gualtieri prima di venire da Unicredit c’erano stati contatti a quanto so, anche se non ho assoluta certezza, con il mondo delle popolari. Perché Unicredit e non Intesa? Perché Intesa aveva già una posizione forte in Toscana e quindi era più semplice chiederlo a Unicredit, per un discorso di complementarietà territoriale”.
L’incontro con la Boschi: “Mi chiese se era pensabile un’acquisizione” – Il 12 dicembre, mentre i suoi uffici stavano dunque già esaminando l’operazione, Ghizzoni ebbe con la ministra “un incontro fissato dalle segreterie”, sempre a Palazzo Chigi, a tu per tu. “Affrontammo il tema specifico delle banche in crisi. La ministra Boschi mi manifestò la sua preoccupazione non tanto per le banche in crisi del suo territorio, Mps ed Etruria, quanto che cosa questo avrebbe comportato in termini negativi come impatto su famiglie e piccole imprese in termini di erogazione del credito. La ministra mi chiese se era pensabile per Unicredit valutare l’acquisizione o un intervento sulla popolare dell’Etruria, sulla base di questa preoccupazione. Dissi che non ero in grado di dare nessuna risposta e che Unicredit avrebbe deciso solo nel suo interesse. Un ceo di una banca come Unicredit deve mettere in chiaro che è la banca che prende la decisione e questo messaggio fu assolutamente condiviso dal ministro Boschi”.
La ministra “fu cordiale, non avvertii pressioni da parte del ministro, ci lasciammo con l’accordo che l’ultima parola spettava a Unicredit che avrebbe deciso solo nel suo interesse. Da allora non ci sono stati ulteriori contatti”. Una “pressione“, ha poi chiarito Ghizzoni rispondendo a una domanda dei commissari, “sarebbe stata se mi avesse detto di acquisire la banca, invece lei mi chiese se era pensabile. Anche dal punto di vista semantico fa la differenza. Sentire pressioni è anche soggettivo. Io dissi che non potevo dare una risposta subito, avrei incaricato i miei. Quindi la richiesta non ha leso la nostra capacità di decidere in maniera indipendente“. Quanto al fatto che Pier Luigi Boschi fosse vicepresidente della banca, “sapevo ovviamente della parentela di Boschi con il padre ma per me non era una cosa rilevante, magari lo era per il ministro ma per me no”.
La mail dell’amico di Renzi: “Mi è stato chiesto di sollecitarti” – In ogni caso secondo Ghizzoni gli uffici di piazza Gae Aulenti continuarono a valutare il dossier come se nulla fosse accaduto. “Non c’era nulla da nascondere: incontrando un paio di colleghi, tra cui anche il capo del settore fusioni e acquisizioni, dissi del colloquio in cui c’era stata la richiesta e dissi ‘voi continuate a lavorare in totale indipendenza senza interferenza da parte di nessuno’. L’analisi fu fatta da tecnici in assoluto rispetto e l’analisi si fece in totale indipendenza”. Mentre la due diligence era ancora in corso, il 13 gennaio, “mi arrivò una mail da Marco Carrai: “Solo per dirti che su Etruria mi è stato chiesto di sollecitarti per una risposta nel rispetto dei ruoli”. La mia reazione fu di pensare chi poteva avere chiesto un sollecito da parte del dottor Carrai. Esclusi che fosse stata la banca. Decisi però di non chiedere nessun chiarimento. Il nostro canale di comunicazione era solo la banca, quindi risposi che stavamo lavorando e alla fine avremmo contattato i vertici di Etruria e comunicato loro le conclusioni”. Ghizzoni ha poi precisato che aveva conosciuto in precedenza Carrai nella veste di presidente di Aeroporti di Firenze e consulente nel settore della sicurezza informatica. “Non l’ho mai considerato come interlocutore politico”, perciò “l’ho considerato come un privato che si interessava di una questione che non gli competeva”.
Conclusioni che furono negative: “La risposta alla banca l’abbiamo data il 29 gennaio 2015. Abbiamo deciso di non investire per più di una ragione. Nel frattempo era arrivata una comunicazione Bce, i ratio patrimoniali erano stati alzati e quell’investimento richiedeva un assorbimento di capitale di 27 basis point (25 erano un miliardo). Quindi non c’era la possibilità di investire questo capitale senza avere ritorni certi. E il portafoglio, anche della good bank, sembrava non di buona qualità. Poi c’era i tema di avere l’ok della Bce”.