Finalmente si è risolto un mistero politico che per un anno non ci ha fatto dormire. La cosiddetta riforma costituzionale, approvata dal Parlamento con la violenza dei colpi di fiducia al governo, era cosa talmente orrenda, autoritaria, e per di più scritta malissimo, che ha costretto la stragrande maggioranza degli italiani ad abbandonare la cara poltrona e la ormai crescente abitudine di disertare i seggi, per andare a votare NO e bocciarla sonoramente.

A quel punto ci siamo posti la domanda: ma come mai Matteo Renzi si è voluto giocare la sua resistibile ascesa con una tale irragionevole scemenza? E fin qui la risposta era facile: una riforma elettorale incostituzionale più la conquista per legge del potere assoluto sulla tv pubblica, più, infine, la riduzione a una sola Camera e la mancanza di ogni bilanciamento dei poteri fanno gola a ogni velleitario aspirante uomo-forte di provincia.

Invece, insolubile, almeno per noi era il rebus: ma perché affidare a Maria Elena Boschi, pomposamente nominata addirittura ministro delle Riforme istituzionali, un compito che avrebbe fatto tremare i polsi a qualunque costituzionalista? Capiamo che era difficile trovare un costituzionalista nato e vissuto nel Giglio magico, e già la Capa dei vigili urbani di Firenze era stata inviata a far danni a palazzo Chigi. Ma il prodotto finale partorito dal governo era così penoso che non poteva essere solo attribuito alla novizia Maria Elena. E per questo ci siamo arrovellati per un anno, ma finalmente lunedì 18 sul Corriere della sera abbiamo trovato la risposta. Il quotidiano rivela ancora l’ennesimo incontro della Boschi, questa volta con la Banca d’Italia. Ma certo, Elena non si poteva occupare della Grande Riforma, perché era full time impegnata in colloqui con personaggi e personaggetti che non c’entravano per nulla con i suoi compiti di governo, ma c’entravano moltissimo con i suoi compiti famigliari. Non gli rimaneva certo molto tempo per pensare alla riforma.

Conflitto di interessi, si dirà. Ma che sarà mai… Maria Elena è giovane, la sua vita si è svolta mentre il conflitto di interessi è stato l’asse portante di tutta la seconda Repubblica. Berlusca ne è l’eroe eponimo. Come dimenticare (e assimilare) Raiset e le leggi ad personam che hanno portato all’eroe di Arcore ben nove autoliquidazioni di altrettanti infamanti processi a suo carico? Conflitto d’interessi che nessuno mai ha osato toccare. Non è proprio quella la maggiore colpa della sinistra, quando è stata al governo, negli ultimi venticinque anni?  Che volete allora che siano, nella mente della ministra, incontri, incontri e ancora incontri extra istituzionali per salvare il padre accusato di bancarotta, quando si sa che in Italia i padri, come i figli (vedi il caro figlio di De Luca), so’ piezz’e coree.

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