Nicola Fanni, 29 anni, è arrivato a Shanghai nel 2011 per studiare economia e oggi è manager di una multinazionale. "L’azienda pretende tanto, ma ci dà ogni tipo di comfort. Non c'è stato un giorno in cui i cinesi non siano stati una sorpresa”
Quando è stato ammesso al training in azienda, Nicola era l’unico straniero presente. Oggi, dopo 6 anni passati a Shanghai, in Cina, Nicola Fanni, 29 anni, dalla Sardegna, è manager di una grande multinazionale cinese delle telecomunicazioni. Vive e lavora nel quartier generale di Shenzhen e si occupa di marketing, ICT e tecnologia d’impresa.
In Cina Nicola ci è arrivato la prima volta nel 2011 per studiare economia all’università statale Fudan University di Shanghai. “Durante la specialistica – aggiunge – ho ricevuto una borsa di studio dal governo cinese”. Alla fine del 2016 arriva la chiamata dalla società: “Stava cercando una figura professionale che non si occupasse solo del marketing internazionale, ma che parlasse fluentemente cinese, inglese e anche altre lingue”, ricorda. Nicola, che parla cinese, inglese, giapponese, spagnolo e francese, ha superato il primo colloquio telefonico e tutti gli altri 5 step successivi. E oggi si occupa del marketing legato alle soluzioni e servizi che aiutano le imprese e le città a diventare smart e trasformarsi nell’era digitale.
Nel quartier generale di Shenzhen il lavoro occupa gran parte della giornata. “Mi alzo alle 7, alle 8 sono in ufficio e facciamo colazione. Ci sono molti colleghi di altre nazioni, per questo alterno l’inglese e il cinese a seconda del meeting”. A pranzo c’è la possibilità di scegliere tra una vasta gamma di ristoranti cinesi, coreani, thailandesi. Alle 18, una volta finito il turno, c’è un autobus aziendale che ti porta direttamente sotto casa. “L’azienda pretende tanto, ma ha costruito intorno a noi una sorta di città in cui abbiamo ogni tipo di comfort con piscine, palestre, parchi e appartamenti moderni. Siamo contenti di lavorare e non sentiamo la frustrazione o lo stress che si possono sentire in altre aziende cinesi, giapponesi o italiane”, continua. “In più mi sento membro della squadra e non semplice manager. In questo senso sento di vivere il mio ‘Sogno cinese’”.
Nicola ama l’Italia e spiega di portare “la Sardegna nel cuore. Dispiace, però – aggiunge – vedere le nostre potenzialità non essere sfruttate al meglio”. Per il giovane la spiegazione è piuttosto semplice: “L’Italia e la Cina sono due Paesi molto differenti. La Cina è una terra di grandi contraddizioni, di grandi opportunità, una terra dove l’ottimismo fa seguito ad un periodo storico oscuro, difficile e complesso, che ha gettato le basi e i sogni del popolo cinese che ora s’impegna di realizzare con tutte le sue forze. Ed io mi sento di farne parte”, continua. Ma forse la più grande differenza rispetto all’Italia è la dinamicità che si percepisce anche solo camminando tra le strade di Shanghai o Hong Kong: “Mi riferisco alla concreta velocità con cui i business si evolvono, la trasformazione digitale migliora la vita quotidiana o anche la rapidità con cui le città cambiano il loro assetto urbano con maestosi grattacieli”. Far parte di questa evoluzione influenza positivamente la vita di tutti i giorni perché le possibilità diventano infinite, e con impegno si può cambiare il proprio futuro e costruire una carriera. Questo non accade in Italia, che “viene da una fase storica ben diversa. Tuttavia – aggiunge Nicola – guardo al futuro con ottimismo e penso ci saranno miglioramenti”.
Le differenze riguardano anche le regole che stanno alla base del mondo del lavoro. In Cina, ad esempio, gli stage sono sempre pagati, e “la possibilità di diventare dipendente full-time dell’azienda è molto alta”, aggiunge il manager sardo. Sebbene inizialmente la paga sia bassa, le opportunità di avanzamento di carriera sono molte. E le retribuzioni aumentano sensibilmente in poco tempo. Ho vissuto, studiato, lavorato con e tra i cinesi per sei anni e non c’è stato un giorno in cui loro non siano stati per me una risorsa, una sorpresa”. Tornare? Nicola spera di sì. Ma solo per delle condizioni di lavoro all’altezza di quello che riceve attualmente. “E magari riuscirò a collegare Italia e Cina, costruendo un ponte simbolico tra oriente e occidente”.
L’Italia, con tutti i suoi pregi e difetti, occupa una bella fetta di cuore. “Ricordo ancora il giorno della laurea per la specialistica – conclude Nicola – Decisi di portare con me la bandiera della Sardegna dei Quattro Mori. Quel simbolo mi aveva sempre accompagnato e volevo che tra tantissimi colleghi cinesi ci fosse anche la mia terra. Lontana 10mila chilometri, ma orgogliosa di me”.