Roghi tossici, ma non solo. Presenza di rifiuti pericolosi interrati, sversamenti fuori controllo da parte degli insediamenti industriali e possibile presenza di solventi nei pozzi. E ancora: controlli ambientali carenti, monitoraggi parziali e autorizzazioni integrate non complete. Gli abitanti di Roma Est parlano di “Terra dei Fuochi”. Una relazione della ex Asl Roma B (oggi Roma 1) firmata dal direttore del Servizio Igiene e Sanità Pubblica, Fabrizio Magrelli, e datata 25 maggio 2015 traccia un quadro agghiacciante dei rischi ambientali sul territorio. Un documento “ancora attuale, che potrei in larga parte riscrivere anche oggi”, sottolinea il dirigente sanitario contattato da IlFattoQuotidiano.it.
Se il ministro dell’Interno, Marco Minniti, il 19 settembre dinanzi alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie paventava l’intervento dell’esercito in supporto alle operazioni fin qui vane del Comune di Roma e della Regione Lazio, la stessa commissione nel report presentato il 19 dicembre “ha sollecitato l’adozione di misure normative che potrebbero trovare riferimento nella legislazione introdotta sul tema Terra dei fuochi in Campania”.
In questi anni i sospetti che vi potessero essere fattori inquinanti tali da determinare un’alterazione ambientale in alcune aree della Capitale hanno iniziato a farsi largo prima fra i residenti e poi fra le istituzioni. Da tempo, infatti, gli abitanti di Case Rosse, Castelverde, Tor Sapienza, La Rustica, Ponte di Nona, Colle del Sole, terre di cave mai bonificate e discariche abusive vecchie e nuove, denunciano l’aumento di patologie tumorali, così come nel 2012 il Dipartimento Epidemiologia della Regione Lazio assegnò a questo fazzoletto di città il triste primato di mortalità per tumori maligni nella popolazione maschile. “Ed è ancora così – ci racconta Magrelli, che opera in quella Asl dal 1987 – non ci sono collegamenti certi fra questi fenomeni e il tasso di mortalità, sempre molto alto, ma resta la necessità da parte delle istituzioni di fare luce sui motivi che hanno portato al riscontro di determinate patologie diffuse”.
I ROGHI TOSSICI – Il fenomeno più visibile è quello, appunto, dei cosiddetti “roghi tossici”, i fumi che quasi giornalmente si elevano dai campi rom – ufficiali o “tollerati” – e che secondo le relazioni della Polizia Locale capitolina sono creati dagli stessi abitanti, abituati a bruciare l’immondizia accumulata a causa dell’assenza di una raccolta adeguata da parte dell’Ama (la società capitolina dei rifiuti) o, in alcuni casi, intenti a eliminare il materiale di risulta derivante dalla loro attività di riciclo e riuso. Solo sulla direttrice tiburtina-prenestina, nel giro di 3-4 chilometri sono presenti ben 3 campi molto grandi, che tutti insieme contano oltre 1.500 abitanti: Salviati 1, Salviati 2 e Salone.
Dai questi, secondo i monitoraggi costanti dei residenti, si elevano complessivamente 150 roghi l’anno. Nella relazione di Magrelli, si legge che “non occorrono monitoraggi ambientali per affermare sia l’aumento dell’inquinamento conseguente all’accessione di roghi, sia gli effetti immediati sull’apparato respiratorio, cardio-circolatorio ed oculare provocato dai fumi irritanti, responsabili della dispersione nell’ambiente di sostanze tossiche, in grado di provocare effetti ritardati sulla salute (tumori, aborti e malformazioni neonatali, danni del patrimonio genetico, ecc)”. “La diossina – spiega oggi Magrelli – è molto pericolosa per le vie respiratore. Il fuoco è sempre diffusore di sostanze tossiche per l’organismo, a maggior ragione se a bruciare sono materiali ad alto rischio come la plastica”
SVERSAMENTO DI SOLVENTI INDUSTRIALI – In realtà, nel report della Asl, da tempo all’attenzione degli uffici capitolini – si allarga il discorso gettando una serie di ombre sul quadrante, che non riguarda solo le presunte attività illecite degli abitanti dei campi. Si parla soprattutto di “rifiuti pericolosi interrati” e di sversamenti di solventi con possibile inquinamento delle falde acquifere. “Questo servizio – scrive il direttore – è a conoscenza diretta di episodi avvenuti in passato che confermano tale ipotesi ed altri, anche recenti, che creano il sospetto dell’esistenza di ulteriori casi, come il riscontro di solventi nelle acque dei pozzi vicini ad alcuni insediamenti industriali”.
Si citano chiaramente “rifiuti interrati emersi vicino Lunghezza durante la realizzazione dell’Alta Velocità e quelli rinvenuti negli anni ’90 in zona Tor Cervara”. Non solo. Il dirigente Asl scrive anche del polo industriale di via di Salone, limitrofo al campo rom, dove si è riscontrata “la presenza di numerosi solventi nelle falde idriche da cui i pozzi attingono acqua destinata ai processi industriali”. In generale, su tutta l’area esisterebbe il rischio di “un’eventuale presenza di solventi nei pozzi che potrebbe far sospettare la percolazione degli stessi nelle falde idriche a partire da interramenti di rifiuti industriali o comunque pericolosi”.
ASSENZA DI DATI EPIDEMIOLOGICI AGGIORNATI – Nel documento firmato da Magrelli sono riportati anche dei dati in possesso della Asl. Il dirigente scrive che “la valutazione epidemiologica sullo stato di salute della popolazione fornisce informazioni degne della massima attenzione in merito ad alcuni eccessi di mortalità, nonché di malformazioni congenite”, con la richiesta di svolgere ulteriori controlli sulle falde, sui terreni “eventualmente da bonificare” e sullo stato di salute della popolazione.
Esiste anche uno studio dell’Arpa Lazio, risalente al 4 novembre 2011, dove si analizza lo stato dei terreni limitrofi alla ex discarica abusiva di Lunghezza, solo parzialmente bonificata dopo i lavori per la realizzazione della ferrovia Roma-Napoli. Tutti i materiali analizzati, dal piombo al ferro, passando per idrocarburi e rame, suggeriscono valori fuori norma. “Laddove sia ragionevole ipotizzare – continua Magrelli – un’esposizione ambientale, è altresì possibile la realizzazione di studi di monitoraggio biologico della popolazione esposta, che tuttavia, per i costi significativi degli stessi, devono trovare un adeguato e specifico finanziamento”.
CAMPIDOGLIO PRONTO A COLLABORARE – La relazione della Asl Roma B, così come le relazioni del gruppo Spe della Polizia Locale, sono da tempo all’attenzione dei magistrati della Procura di Roma. Già nel 2015 c’erano ben tre fascicoli aperti per indagare su eventuali reati ambientali e sulle responsabilità delle mancate bonifiche. Nel Municipio VI da tempo il Movimento 5 Stelle denuncia il “disastro ambientale” e ora che il Governo sembra aver preso a cuore una parte del problema, l’amministrazione capitolina si dice disponibile a collaborare.
Ma l’invio dei militari a guardia dei campi rom potrà veramente aiutare ad arginare il problema? “Si tratta di una soluzione – spiega Daniele Diaco, presidente della Commissione capitolina Ambiente – che l’attuale Amministrazione aveva invocato a gran voce durante i vari tavoli inter-istituzionali. Roma Capitale potrà quindi beneficiare di un supporto militare oramai imprescindibile ai fini di una corretta gestione del problema, per la cui risoluzione l’Amministrazione Raggi ha investito un ingente quantitativo di risorse umane e strumentali ma che richiede uno sforzo suppletivo fronteggiabile, per dimensioni e portata, dal solo Governo centrale”.
Stiamo infatti parlando, secondo Diaco, “di un business milionario che affonda le proprie radici nell’ambito della criminalità organizzata, il cui contrasto non rientra tra le competenze del singolo comune e che richiede un apposito intervento da parte delle Autorità a ciò preposte”. Anche Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, si è detto “disponibile ad aiutare il governo nelle sue iniziative”.