La "rivoluzione" di Palazzo Madama, fallita dal referendum di Renzi, passa per l'autoriforma dei senatori grazie all'accordo tra i grandi partiti (Pd, M5s, Fi, Lega) che permettono di arrivare alla maggioranza assoluta. Napolitano: "Quasi un miracolo"
Il Senato ha approvato i quattro articoli che compongono la riforma del regolamento. Per l’ok era necessaria la maggioranza assoluta. Il testo era frutto dell’accordo tra i grandi partiti (Pd, M5s, Forza Italia e Lega) in giunta per il regolamento. In Aula la riforma è stata approvata dopo un’ottantina di voti segreti richiesti dai verdiniani di Ala, ultima resistenza alle modifiche che verranno portate nel funzionamento delle commissioni e dell’assemblea di Palazzo Madama nella diciottesima legislatura, la prossima. Tra le varie norme che cambiano i connotati al funzionamento del Senato anche le misure “anti-trasformismo” e iter più veloci per le leggi in modo da alleggerire il carico di lavoro in Aula a beneficio di discussioni più snelle nelle commissioni.
I 4 articoli sono stati approvati rispettivamente con 171, 207, 204 e 209 sì. Il relatore Roberto Calderoli, in Aula, ha letto un messaggio mandato dall’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Voglio complimentarmi con te – ha scritto il presidente emerito – per questa specie di insperato miracolo della riforma, tanto necessaria e per lungo tempo bloccata, e naturalmente mi congratulo per la qualità innovativa del testo che molto deve alla tua antica e costante passione per il funzionamento delle istituzioni parlamentari”. Calderoli ha tra l’altro ricordato come tra lui e l’ex Capo dello Stato vi fossero state delle polemiche in passato. In realtà è parziale dare il merito solo al veterano dei senatori leghisti: quella approvata oggi a Palazzo Madama si tratta di una sorta di “rivoluzione” per il Senato – che ha avuto successo, al contrario di quella abbattuta dal referendum costituzionale – che ha coinciso con una collaborazione tra i partiti maggiori (in particolare Pd e M5s) e anche con la spinta decisiva dello stesso presidente Piero Grasso. E infatti la situazione ha suscitato l’ironia di Calderoli: “Grazie all’ex presidente Renzi e all’ex ministro Boschi – ha detto in Aula tra gli applausi delle opposizioni – perché con la loro assenza hanno consentito che in questa legislatura una riforma si potesse realizzare”.
L’ultima resistenza dei verdiniani
L’ultima resistenza in Senato è stata quella di Ala che ha presentato la richiesta di voto segreto su tutti gli 80 emendamenti, una circostanza che si è verificata per la prima volta in questa legislatura. Tra gli emendamenti presentati dai verdiniani – e respinti – anche uno contro i “cambi di casacca“. Il capogruppo Lucio Barani ha presentato una modifica che prevedeva la soppressione della frase che dava la possibilità di far nascere nuovi gruppi “solo se risultanti dall’unione di gruppi già costituiti” e voleva lasciare tutto com’è stato finora (cioè la possibilità di far nascere nuovi gruppi). L’emendamento è stato comunque respinto.
No all’allattamento delle parlamentari in Aula
La discussione ha vissuto anche momenti di tensione, nonostante il testo fosse stato approvato all’unanimità in giunta del regolamento. Per esempio quando è arrivato in discussione un emendamento sul diritto all’allattamento delle parlamentari che il M5s voleva rendere libero in Aula. Il relatore Calderoli aveva dato parere favorevole, ma i no sono stati 111 e i sì 87. Tra le spiegazioni dei contrari il fatto che l’allattamento è un momento intimo (come ha detto l’ex grillina Laura Bignami, ora nel Misto) e che è un diritto che nessun altro dipendente della Pubblica Amministrazione detiene (come ha ricordato un’altra ex grillina, Alessandra Bencini, ora esponente dell’Italia dei Valori).
In un altro caso, invece, una riformulazione voluta dal M5s prevedeva che “il Consiglio di presidenza” del Senato “può disciplinare il trattamento economico dei rimborsi spese spettanti ai senatori e termini e modalità dei rapporti di lavoro con i collaboratori dei singoli senatori”. E’ stato necessario riunire la giunta per il regolamento che però non ha raggiunto un’intesa e così l’emendamento è tornato in Aula ed è stato respinto.