La giunta per le autorizzazioni dà il via libera all'accusa nei confronti del procuratore aggiunto dopo la denuncia dell'ex sindaco. A parti invertite le opinioni dell'esponente di Ap erano state ritenute "insindacabili"
Robledo denuncia Albertini, ma il Senato protegge il suo componente definendo le opinioni “insindacabili“, nonostante fossero espresse prima che diventasse parlamentare. Albertini denuncia Robledo e in questo il Senato dà il via libera all’accusa di vilipendio nei confronti del magistrato che aveva protestato proprio contro la prima decisione, parlando di “privilegi” e “voto di scambio“. La sfida a distanza e a carte bollate tra l’ex sindaco di Milano ora parlamentare di Alternativa Popolare e l’ex procuratore aggiunto di Milano (ora a Torino) non è ancora finita e anzi rischia di diventare più lunga della saga di Star Wars. L’ennesimo round è in giunta per le autorizzazioni di Palazzo Madama che ha dato il via libera all’autorizzazione a procedere per vilipendio nei confronti di Robledo.
Il presunto vilipendio è motivato da alcune parole usate da Robledo dopo che si stava prospettando il sì all’insindacabilità delle parole di Albertini nei suoi confronti. Diffondendo una petizione in suo favore promossa da Paolo Pollice, ordinario di Diritto Civile alla Federico II, Robledo aveva scritto tra l’altro che la giunta per le immunità si era inventata “la bestialità dell’immunità retroattiva per salvare la pelle a Gabriele Albertini”. Per Robledo si trattava di “un abuso da casta di un privilegio bello e buono: all’epoca dei fatti oggetto del processo, non era senatore”. “Non possono sguazzare nei loro privilegi – aveva aggiunto il procuratore – ricattare le istituzioni con la loro posizione e rimanere sempre impuniti”. Anche perché, aveva concluso Robledo, “Albertini aveva minacciato di togliere supporto al governo se non gli avessero concesso l’immunità per questa questione sua personale: è un voto di scambio, una cosa che fa orrore“.
Per tutto questo Albertini, sostenuto dallo studio legale Colucci e Colonnelli che lo ha sempre rappresentato nella lunga guerra con l’ex viceprocuratore di Milano, ha presentato una denuncia per vilipendio perché, è il ragionamento, non è stato offeso solo lui, ma l’intero Senato, cioè l’istituzione. Un profilo, secondo gli avvocati dell’ex sindaco, che emerge soprattutto nei passaggi sui “privilegi” e sul “voto di scambio“. Alla fine questa tesi è stata accolta oggi dalla maggioranza della giunta per le autorizzazioni del Senato, con il voto favorevole del Pd, di Forza Italia e dei partiti centristi, affidando il mandato di relatore alla democratica Rosanna Filippin. Felice Casson, di Liberi e Uguali, si è astenuto anche perché in linea con la posizione del M5s che con Maurizio Buccarella ha spiegato che “le istituzioni parlamentari devono difendere la propria autorevolezza non nelle aule giudiziarie, ma con l’impegno, il rigore ed i risultati della loro attività”. Nella stessa seduta della giunta peraltro è stato data l’autorizzazione a procedere per la stessa accusa nei confronti di Sabrina Angelico, direttrice amministrativa della Procura di Taranto, che l’estate scorsa aveva condiviso sulla propria pagina facebook una foto di un dito medio con un tricolore attaccato scrivendo: “Un caro saluto ai nostri amati parlamentari da parte di tutti noi italiani”. I comportamenti di Robledo e della Angelico, insomma, sono stati ritenuti equivalenti.
L’intera vicenda della guerra tra Robledo e Albertini nasce da una querela del 2012 presentata dal del pubblico ministero quando Albertini, con un esposto inviato al ministero della Giustizia, aveva voluto spiegazioni su tre casi giudiziari gestiti dagli uffici di Robledo e – secondo Albertini – non portati avanti correttamente. Si trattava dell’inchiesta sulla questione degli emendamenti in bianco, quella sull’acquisto dell’Autostrada Serravalle da parte della Provincia di Milano allora guidata da Filippo Penati e l’inchiesta sui contratti derivati sottoscritti dal Comune ai tempi dell’amministrazione Albertini.
Le iniziative giudiziarie di Robledo avevano prodotto una condanna nei confronti di Albertini in sede civile a 30mila euro e un processo penale per calunnia. Nel frattempo però il Senato aveva votato una sorta di “immunità retroattiva” (una ricostruzione che Albertini e i suoi legali contestano). La tesi in questo caso è che le dichiarazioni di Albertini su Robledo erano in tutto 38 – all’inizio da sindaco, poi da eurodeputato – ma andavano giudicate come un tutt’uno. In Aula il Sì aveva avuto un sostegno ampio (185 favorevoli, 65 contrari e 2 astenuti), al quale aveva contribuito anche il Pd, anche se il gruppo si era spaccato. Il M5s aveva paragonato quel voto a quello sul no alle perquisizioni che la Camera espresse spiegando che Berlusconi era davvero convinto che Ruby Rubacuori fosse la nipote di Mubarak. Morale della favola: con l’insindacabilità, la pena inflitta ad Albertini in sede civile è stata vanificata, mentre il processo per calunnia è terminato con un’assoluzione piena perché il giudice di Brescia, Anna Di Martino, ha ritenuto che l’improcedibilità decisa da Palazzo Madama fosse applicabile solo in caso di condanna e non in caso di assoluzione.
Il ping pong tuttavia potrebbe non finire qui, perché Albertini non si limita a denunciare il presunto vilipendio. “Il dott. Robledo – si legge nella richiesta avanzata al Senato da Albertini – consciamente vilipendia il Senato per un solo interesse personale non di carattere morale, come sostiene, bensì esclusivamente economico“. Il riferimento è alla riduzione di 6 mesi di anzianità, una delle sanzioni accessorie che il Csm ha disposto nei confronti di Robledo insieme al trasferimento a Torino. La decisione del Consiglio superiore della magistratura – poi confermata dalla Cassazione – era arrivata come sanzione di uno “scambio di favori” tra l’ex pm e l’avvocato della Lega Nord Domenico Aiello. Robledo per questa vicenda aveva ingaggiato uno scontro durissimo con l’allora procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati. In particolare Robledo era stato riconosciuto responsabile di aver dato ad Aiello informazioni su atti coperti dal segreto che riguardavano l’inchiesta su rimborsi indebiti percepiti da consiglieri della Regione Lombardia. Nell’indagine, che era condotta da Robledo e da alcuni sostituti, erano coinvolti esponenti della Lega. In questo contesto sarebbe avvenuto lo “scambio”: Robledo aveva denunciato per diffamazione l’allora eurodeputato Gabriele Albertini e avrebbe ottenuto da Aiello copia di atti riservati che l’ex sindaco di Milano aveva presentato al Parlamento di Strasburgo per ottenere l’immunità ed evitare il processo con rischio di condanna al risarcimento.