Il fronte indipendentista vince le elezioni in Catalogna. Con oltre il 96% delle schede scrutinate, i tre partiti Junts per Cat dell’ex presidente Carles Puigdemont, Erc del vicepresidente Oriol Junqueras e Cup ottengono 70 seggi sui 135 del Parlament. “Siamo molto contenti per il risultato elettorale in Catalogna. Gli indipendentisti hanno la maggioranza. E’ una grande sconfitta per Mariano Rajoy“, il commento di Joan Maria Piqué, portavoce di Puigdemont.
A meno di due mesi dalla proclamazione della Repubblica e dall’immediata decapitazione da parte di Madrid delle istituzioni catalane, la regione ribelle ha votato di nuovo oggi per le forze autonomista infliggendo un sonoro schiaffo politico al premier spagnolo Rajoy. Il cui Partito Popolare è crollato. Affluenza a quota 82%, il valore più alto mai registrato, 7 punti in più rispetto alle consultazioni del 2015, quando la partecipazione fu del 74,95%.
L’altro grande dato politico è il successo di Ciudadanos, il partito più duramente unionista, che diventa la prima formazione catalana vampirizzando il Partido Popular di Rajoy. La lista di Inés Arrimada, capitalizzando sulla crescita del nazionalismo spagnolo anche in Catalogna, ottiene 36 seggi, e arriva prima in voti. JxCat del President ‘in esiliò Carles Puigdemont è secondo con 34 seggi, davanti a Erc del ‘detenuto politicò Junqueras con 32. Il terzo partito indipendentista, la Cup, si ferma a 4 seggi. Nel campo unionista arrivano secondi i socialisti di Miquel Iceta con 17 deputati, mentre il Pp crolla dagli 11 seggi uscenti a 4, e al 4% dei voti.
Per il potere spagnolo è una chiara disfatta. Il candidato di Rajoy in Catalogna Xavier Albiol aveva promesso di spazzare via gli indipendentisti. Nonostante le incriminazioni di tutti i suoi leader, dieci dei quali sono finiti in carcere – quattro lo sono tuttora – l’’esiliò in Belgio di Puigdemont e di altri 4 suoi ministri inseguiti da mandati di cattura spagnoli, il fronte della secessione ha vinto di nuovo. In voti incassa il 48% contro il 43,5% ai tre partiti unionisti.
Il travaso di voti registrato in Catalogna fra i due partiti unionisti di destra, Cs e Pp, a danno del partito del premier, è un segnale d’allarme per Rajoy. Potrebbe spingere il giovane e ambizioso leader di Ciudadanos, il catalano Albert Rivera, a tentare di accelerare l’uscita di scena dell’attuale premier, che da un anno governa in fragile minoranza a Madrid. La vittoria degli indipendentisti è ancora più bruciante per il governo centrale in quanto è stata ottenuta in elezioni che hanno registrato un’affluenza senza precedenti, attorno all’82%, che danno una ancora maggiore legittimità popolare al destituito Puigdemont.
Gli scenari delle prossime settimane si fanno ora complicati. Il principale candidato alla presidenza della Catalogna, Puigdemont, si trova in Belgio. Se rimette piede in terra spagnola sarà arrestato. Il suo vicepresidente, Junqueras, capo del secondo partito indipendentista, è in carcere. Puigdemont chiede che il governo destituito venga ‘restituito’ al paese, e che tutti i ‘detenuti politici’ siano liberati. Altri due nuovi deputati sono in carcere a Madrid, due ‘in esilioì a Bruxelles.
Al momento sembra molto difficile possano occupare il loro nuovo scranno in Parlamento e partecipare all’elezione del President. La sessione costitutiva dell’assemblea catalana dovrà tenersi entro il 23 gennaio, il primo turno dell’elezione del President per il 10 febbraio. Se per aprile non sarà stato possibile eleggere il nuovo presidente scatterà lo scioglimento automatico dell’assemblea con nuove elezioni a fine maggio. E non è chiaro se Rajoy accetterà ora, come aveva promesso, di restituire alla Catalogna la sua piena autonomia politica e istituzionale. La crisi catalana è pronta a riesplodere.