Il voto di fiducia della Camera – con 296 sì e 160 no – è arrivato dopo le 21 di giovedì, in ritardo di due giorni sulla tabella di marcia iniziale. E dopo l’ennesimo inciampo nel percorso parlamentare dell’ultima legge di Bilancio di questa legislatura. A pochi metri dall’arrivo la manovra ha dovuto infatti fermarsi ai box: colpa di qualche errore di calcolo. O più semplicemente dell’effetto di qualche regalia di troppo in un clima più da campagna elettorale che da Paese ancora in crisi.
Il ddl, approdato in aula la mattina di giovedì, è stato subito rispedito in commissione Bilancio a causa di questioni legate alle coperture per quanto riguarda il 2020: la Ragioneria dello Stato ha riscontrato alcuni scostamenti. Per far tornare i conti sono stati necessari ritocchi sull’equo compenso, sul regime tributario delle cooperative sociali, sulle coperture del fondo in favore dei risparmiatori, sul fondo Industria 4.0 e su quello per il capitale umano. Modifiche anche per gli interventi relativi all’Imu sui porti nonché al Fondo per le esigenze indifferibili.
Solo nel pomeriggio la manovra è finalmente approdata nell’Aula della Camera, dove la ministra per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro per conto del governo ha posto la questione di fiducia. “I conti sono a posto – ha insistito il presidente della commissione e relatore Francesco Boccia, Pd – Il 2018 e il 2019 sono perfetti” e “siamo intervenuti su moltissimi temi e sempre nell’interesse esclusivo degli italiani“. “Le forze politiche di opposizione”, ha aggiunto, “fanno il loro mestiere. Ci sta che facciano i loro distinguo, anche in un fisiologico gioco delle parti ma è giusto ricordare anche l’impressionante numero di norme votate in commissione Bilancio all’unanimità: Regioni, enti locali, detrazioni figli, fondo risparmiatori, Fintech, super-ammortamenti, piano idrico nazionale, webtax, protezione dati digitale, stabilizzazioni nella pubblica amministrazione, calendario fiscale e semplificazioni, superamento limiti direttiva Bolkestein e tanto tanto altro”.
Anche il governo è intervenuto a difesa dell’impianto della legge: per il viceministro Enrico Morando “le architravi della proposta uscita dal Consiglio dei ministri, dalla neutralizzazione dell’aumento delle aliquote Iva alla competitività e al lavoro hanno retto il confronto parlamentare. Abbiamo discusso migliaia di proposte emendative e non ce n’è una sola volta a mettere in discussione queste tre scelte”. Le opposizioni non condividono il giudizio: per il capogruppo alla Camera di Forza Italia Renato Brunetta si tratta di una “bruttissima pagina politica, speriamo l’ultima, di questa maggioranza” mentre per il M5S è la dimostrazione che “gli incompetenti – commenta Giorgio Sorial – stanno al governo”. Per Mdp-Leu Pierluigi Bersani ha motivato il voto contrario del suo gruppo illustrando i molti punti sui quali era stato chiesto un intervento. “Qualche segno netto poteva venire che avesse il senso di una correzione di marcia”, ha detto. “Su queste misure parziali senza un senso visibile noi la fiducia non la possiamo dare”.