Da giorni le audizioni nella commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche nata con i giorni contati che il Pd contava di trasformare in una Caporetto per le autorità di vigilanza più o meno ottemperanti (spesso meno) avevano confermato inequivocabilmente il balletto concitato del Giglio Magico attorno a Bankitalia, Consob e grandi istituti di credito con un interesse esclusivo e ossessivo per Banca Etruria.
Prima dell’audizione più attesa, quelle dell’ad di Unicredit Federico Ghizzoni, che si è rivelata ben più ricca e sorprendente di quanto ci si potesse aspettare, l’elenco degli auditi che avevano confermato i colloqui aventi a oggetto l’interessamento e/o la preoccupazione per “gli effetti negativi sul territorio” dell’allora ministro per le riforme Maria Elena Boschi e dello stesso presidente del Consiglio Matteo Renzi era già lungo.
Per tracciare qualche punto fermo e attenersi a quell’“evidenza dei fatti” tanto cara alla Boschi, che l’ha evocata a ripetizione in ogni uscita pubblica come una litania, si può ricordare che solo qualche giorno fa abbiamo appreso da Vincenzo Visco, lo stesso di cui Renzi con tutte le sue forze pretendeva lo scalpo, che l’ex rottamatore quando era a palazzo Chigi e con le ispezioni di Bankitalia in corso gli domandò di Banca Etruria. E Matteo Renzi invece di manifestare quantomeno un vago imbarazzo, anche perché il governatore ha precisato di non avergli risposto, l’ha ringraziato con slancio via twitter.
“Ringrazio il Governatore #Visco per le parole di apprezzamento che ha rivolto al mio Governo nella sua audizione di questa mattina.
Confermo che abbiamo sempre avuto la massima collaborazione istituzionale, anche quando non eravamo d’accordo su tutto nel merito.” @matteorenzi pic.twitter.com/0omt5OQSPU— Partito Democratico (@pdnetwork) 19 dicembre 2017
Da Padoan, l’unico che in ragione del suo ministero avrebbe avuto titolo per “informarsi” abbiamo capito, perché l’ha puntualmente scandito in commissione, di “aver appreso dalla stampa” dell’attivismo di Maria Elena Boschi o di appartenenti al governo privi di competenze e deleghe in materia economica. Dal presidente della Consob Vegas, un controllore di nomina governativa, ci sono arrivate le conferme di vari incontri con l’allora ministro delle riforme Maria Elena Boschi, ovviamente non menzionati nel dicembre 2015 quando alla Camera per respingere con incontenibile sdegno la richiesta di sfiducia individuale dichiarò di non essersi mai occupata di banca Etruria.
Infine a dire l’ultima parola non suscettibile di fraintendimenti e nemmeno di patetiche esegesi semantiche nella Commissione che doveva assolvere la politica e castigare addetti ai lavori e controllori è stato un banchiere, Federico Ghizzoni, chiamato in causa direttamente da Ferruccio De Bortoli in poche decine di righe del suo libro e rimasto fino all’audizione prudentemente silente.
L’allora ad di Unicredit non solo ha confermato quanto scritto da Ferruccio De Bortoli sul suo libro, cioè che la Boschi gli chiese di “valutre l’acquisizione di Etruria” il 12 dicembre 2014, dopo l’incontro del 4 dicembre tra i rappresentanti delle due banche ma, inaspettatamente, ha dato conto dell’intervento sotto forma di “sollecitazione” di un altro protagonista “non istituzionale” a cui Banca Etruria stava molto a cuore. Così non bastando l’interventismo della ministra figlia del vice-presidente plurindagato per Banca Etruria, da ultimo anche per falso in prospetto, fa incredibilmente irruzione nemmeno un mese dopo, Marco Carrai, il terzo petalo del giglio magico, senza dichiarare a nome di chi, per avere sull’acquisizione di Etruria “una risposta nel rispetto dei ruoli”.
Se si pensa che Carrai avrebbe dovuto essere, in base agli stessi titoli per cui si sentiva autorizzato a perorare con Ghizzoni l’acquisizione di una banca allo sfascio, il responsabile di un settore delicato e strategico come la cybersecurity si comprende abbastanza bene quanto significhino ruoli istituzionali, rispetto delle regole, conflitto di interessi per i giovani rampanti che volevano rottamare la vecchia politica. Ora la Boschi si attacca a congiunzioni e preposizioni semplici “mi sono informata sul se e non ho chiesto di” in riferimento al sostantivo “acquisizione” e conta con questo di farsi risarcire da Ferruccio De Bortoli che si è guardata bene dal querelare in sede penale come fa chi vuole far emergere “la verità dei fatti”. Ma non sottovaluta nemmeno l’effetto vittimistico della “caccia alla donna” nel polverone del dopo Weinstein. Lo ha dimostrato ampiamente quando ospite da Lilli Gruber, sempre comprensiva, ha voluto sottolineare la richiesta un po’ inconsueta del presidente della Consob di un incontro, da lei sollecitato, a casa sua alle otto di mattina benché fossero evidenti i motivi di discrezione e/o imbarazzo per l’inopportunità assoluta di un rendez vous, dove era lei era in conflitto di interessi e certamente non la parte debole.
Carrai invece ha preferito ripiegare sul repertorio consumato della commedia all’italiana o del cinepanettone in crisi e si è trincerato dietro un improbabile cliente innominato nella mail quale mittente della “sollecitazione”.
Per Renzi, la commissione banche è stata un successo e la ricandidatura della Boschi è fuori discussione perché non ci sono rilievi penali. Ripete che “a decidere saranno gli elettori“, anche se sa benissimo che a decidere è lui e che con il Rosatellum può garantire la rielezione della sua metà politica. Ma il prezzo che fa pagare al suo partito è incalcolabile, non solo in termini elettorali ma di devastazione finale, e se ne stanno accorgendo anche molti che sono rimasti nel Pdr.