I clan di Tirana hanno scelto il Gargano come "scalo" verso l'Europa, abbandonando il Salento. E gli interessi connessi al traffico internazionale hanno scatenato gli appetiti tra le 'batterie' della Capitanata. Il comandante provinciale dei carabinieri Marco Aquilio: "Siamo di fronte a un'evoluzione del fenomeno". L'ipotesi: dietro gli omicidi estivi un solo disegno criminale. Ma i rinforzi arrivati dopo la strage di San Marco in Lamis hanno fermato la scia di sangue
Dietro i quattro morti ammazzati in piena estate nelle campagne di San Marco in Lamis e gli altri 7 omicidi di chiara matrice mafiosa in provincia di Foggia nel corso del 2017, ci sono fiumi di droga. Marijuana soprattutto, ma anche cocaina ed eroina, hanno trovato nel Gargano la porta verso l’Europa. “I traffici di stupefacenti con l’Albania hanno creato la nuova guerra di mafia“, ha spiegato il colonnello Marco Aquilio, comandante provinciale dei carabinieri di Foggia, durante la presentazione dei dati sulle attività di controllo del territorio nel complicato anno che sta finendo.
La droga dietro la guerra di mafia
Il canale degli albanesi, in ascesa in Europa
Gli albanesi, tra i clan che l’Europol segnala in grande ascesa sullo scacchiere continentale, come aveva spiegato l’inchiesta Mafie Unite d’Europa del IlFattoQuotidiano.it, stanno piazzando le loro pedine in diversi Stati membri per accompagnare il salto di qualità dal traffico di marijuana a cocaina ed eroina. E tra gli “scali” della droga hanno scelto la Capitanata grazie alla sponda offerta dalla criminalità organizzata garganica. La location perfetta dopo anni di sbarchi nel Salento, territorio più comodo perché vicino alle spiagge albanesi ma con altre criticità: da Brindisi in giù, le coste lunghe e sabbiose sono facilmente controllabili dalle motovedette e il pattugliamento è intenso da anni anche perché quella rotta è percorsa anche dai trafficanti di migranti.
Gli scontri dalla costa all’entroterra
Così gli albanesi si sono spinti più a nord, verso Foggia, dove scogliere e anfratti rendono la costa assai impervia. E quindi molto, molto difficile da controllare dalla terraferma, anche con un alto numero di uomini a disposizione. In questo quadro, i clan foggiani giocano un ruolo cruciale proprio per la grande conoscenza del territorio. Ma i soldi che piovono dal Paese delle aquile, oltre a far gola, stanno provocando anche scontri interni molto forti. “Siamo di fronte a un’evoluzione del fenomeno mafioso garganico – dice Aquilio a Ilfatto.it – Stanno cercando di canalizzare questo business che suscita grossi appetiti”. Ecco l’humus nel quale nasce la guerra di mafia del 2017. Che parte nel territorio di Vieste tra gennaio e febbraio e si riaccende in estate nella zona più interna, culminando il 9 agosto nella strage di San Marco lungo la Pedegarganica, la strada che permette di ‘tagliare’ il promontorio del Gargano e per questo è diventata la più battuta per i traffici illeciti. Non un caso, secondo gli investigatori, che dal conflitto sulla costa, punto di primo approdo dei carichi, i clan siano passati a sparare nell’entroterra, dove la droga viene occultata da chi controlla il territorio per poi prendere la strada verso altre regioni.
La mafia che uccide d’estate
L’escalation da Apricena a San Marco in Lamis, ragionano da settimane in ambienti investigativi, potrebbe essere collegata, rientrare in un’unica strategia criminale. Le evidenze, al momento, riguardano “quanto meno l’analogia nel modus operandi“. Sulla risoluzione del quadruplice omicidio, il comandante Aquilio si è detto “fiducioso”, perché “il lavoro c’è e sta andando avanti spedito, senza soste”. Anche grazie a quei rinforzi trasferiti in provincia di Foggia dopo mesi di appelli: adesso il numero di uomini a disposizione è stato potenziato, superando – seppur di poco – anche la pianta organica, e il territorio è stato diviso in cinque macro-aree che vengono controllate con un principio di alternanza da carabinieri e polizia. Sono arrivati i sequestri di armi e droga, diversi agguati sono sventati. I Cacciatori di Calabria fanno il resto, raggiungendo le zone più impervie per i rastrellamenti. Un controllo capillare che ha avuto come primo effetto lo stop alla scia di sangue. Ma le droghe continuano ad approdare nelle calette e le batterie a contare i soldi. Non si spara, ma gli affari vanno avanti. Ed è a quelli che puntano adesso gli investigatori.