C’è una storia di presunte mazzette con tanto di vacanze a favor di parlamentare (e famiglia) che da tempo sbatte alla porta del Senato della Repubblica e trova chiuso a doppia mandata. E ora rischia di finire nel nulla proprio per la strenua resistenza dei colleghi senatori. Mercoledì scorso l’ultima giunta per le immunità di Palazzo Madama, su iniziativa del senatore Giorgio Pagliari (Pd), ha deliberato di sollevare il conflitto di attribuzione sul caso di Cinzia Bonfrisco, senatrice del Partito liberale oggi in campo per stampellare il centrodestra nella corsa unitaria verso le urne con la Federazione delle libertà (Fl). I pm ne chiedono il giudizio da luglio per fatti risalenti a due anni fa. Per procedere devono però incassare l’autorizzazione all’uso di intercettazioni che ritengono essenziali a dimostrare gli episodi di presunta corruzione che contestano al politico. Autorizzazione che prima è stata concessa col contagocce (una su 20) e infine respinta con anche l’accusa ai pm d’aver valicato i confini delle prerogative parlamentari indagando sull’attività legislativa svolta dalla collega senatrice. Così la palla passa alla Corte Costituzionale mentre l’orologio ormai corre rapido verso lo scioglimento delle Camere.

L’inchiesta in questione è nota da tempo. La chiave di tutto sarebbe negli scambi telefonici tra il direttore del Consorzio Energia Veneto (Cev) Gaetano Zoccatelli e la senatrice. Gli inquirenti individuano proprio in una serie di chiamate del luglio 2015 gli elementi essenziali di un accordo corruttivo alla base dell’interesse della Bonfrisco alla Cev, interesse che sarebbe stato ricompensato da Zoccatelli con tre “vantaggi indebiti”: una vacanza in Costa Smeralda dal 10 al 23 agosto 2015 per Bonfrisco e famiglia, un finanziamento da 4mila euro alla campagna elettorale per le regionali di Davide Bendinelli, attuale sindaco di Garda mai indagato, e l’assunzione in azienda di Roberta Ferrara, su richiesta della parlamentare. Richieste e promesse che sarebbero documentate nelle intercettazioni telefoniche della Gdf che il Gip Giuliana Franciosi ritiene rilevanti per qualificare quei “favori” e quei passaggi danaro come prodotto di un contesto corruttivo. La senatrice in cambio, è l’ipotesi di accusa, si sarebbe prodigata per far ottenere “l’inserimento della Cev nell’elenco dei 35 soggetti aggregatori, intessendo una fitta rete di relazioni e cercando “appoggio” presso tutte le sue conoscenze a vari livelli e nelle varie sedi istituzionali e non”. Effettivamente il consorzio a fine luglio 2015 viene ammesso “con riserva” tra le centrali di acquisto regionali, salvo venirne  cancellata da Anac in seguito a un’ispezione della Gdf che in settembre aveva evidenziato la carenza di requisiti necessari.

La senatrice si dichiara da sempre estranea e innocente. Ha sostenuto di non sapere del pagamento del soggiorno da parte dell’imprenditore e che in ogni caso si sarebbe subito sdebitata con lui facendo una regalo alla moglie. Cose dichiarate a più riprese all’Arena di Verona. Nessuna corruzione, dunque. Idem per il finanziamento da 4mila euro, del tutto lecito per la parlamentare. Ecco perché decisive potrebbero essere le frasi pronunciate da Zoccatelli e dalla Bonfrisco, ma ecco che su quelle serra il portone il Senato. A luglio l’aula aveva finto di aprire uno spiraglio. Votò l’autorizzazione all’uso di una sola intercettazione sulle 20 per le quali la magistratura aveva fatto richiesta. L’unico “no” era arrivato dal M5S che voleva concedere ai magistrati l’uso di tutti gli ascolti. Ma due giorni fa c’è stata un’ulteriore levata di scudi con la decisione della giunta delle immunità di Palazzo Madama di sollevare il conflitto di attribuzione. Il relatore Pagliari ha sostenuto che l’autorità giudiziaria indagando sull’attività legislativa della Bonfrisco ha leso le prerogative parlamentari. La collega di partito, ex grillina Serenella Fucksia, medico del lavoro, mette agli atti della giunta la “assoluta inadeguatezza dell’ipotesi accusatoria”. A nulla vale l’opinione dell’ex magistrato ed ex giudice della Suprema corte Felice Casson (Mdp).

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