Infiltrazioni di mafia nella massoneria siciliana e calabrese? “Parlo per il Grande Oriente e dico che a me risulta zero. Come sa ci sono altre affiliazioni e non avanzo giudizi a nome di altri”. Ne è convinto Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, la più importante delle massonerie con i suoi 23mila iscritti, che sull’onda delle polemiche sul lavoro della commissione parlamentare antimafia ha concesso un’intervista a FqMillenniuM, il mensile del Fatto diretto da Peter Gomez, nel numero attualmente in edicola.
Sessant’anni, senese, giornalista in pensione, Bisi è al vertice del Goi dal 2014. “Non ho altre parole che questa: persecuzione“, continua Bisi intervistato da Antonello Caporale (il colloquio è avvenuto prima che la commissione rendesse noto il risultato del lavoro sulle liste: 193 affiliati alle logge coinvolti in indagini di criminalità organizzata). “Non si è mai visto un accanimento simile nei confronti di associati che si ritrovano per riflettere, ridefinire l’esistente secondo i principi della libertà e dell’uguaglianza».
E la trasparenza? “Le rispondo con una frase di Stefano Rodotà, a lungo garante della privacy”, riprende il Gran maestro. “La trasparenza assoluta è tipica dei regimi totalitari”, afferma, annunciando l’intenzione di portare la commissiona presieduta da Rosy Bindi davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Nell’intervista a FqMillenniuM, il Gran maestro affronta diversi nodi che da sempre accompagnano il dibattito su logge e cappucci, dalla totale riservatezza di nomi e riti, alle vicende della P2, alle accuse di fare “cricca” per promuovere affari e carriere, fino all’esclusione delle donne, a cui sono riservate alcune logge a parte. Ma la parità di genere è di là da venire: “Siamo molto affezionati alle nostre tradizioni, e certo ci vorrà tempo prima che un cambiamento così rilevante possa accadere”.