In ballo un appalto per 277 milioni per la costruzione dello “Storstrom bridge”, il terzo ponte più lungo del Paese. Una settimana fa un sito di informazione lancia una campagna di opinione sull'affidamento alle due ditte italiane coinvolte nello scandalo. Cinque mesi fa il caso di Grandi Costruzioni Ferroviarie che ad Aarhus subappaltava a una ditta interdetta a Verona
La firma era prevista per martedì scorso presso il ministero dei trasporti danese. In ballo un appalto per 277 milioni di euro per la costruzione dello “Storstrom bridge”, il terzo ponte più lungo della Danimarca, ma gli amministratori delle tre ditte italiane coinvolte – Itinera, del gruppo Gavio, Condotte d’Acqua e Grandi Lavori Fincosit -. hanno dovuto riprendere la strada di casa. Una forte campagna di opinione contro l’intervento nelle opere danesi di ditte italiane implicate in casi di corruzione hanno convinto il ministro a congelare la decisione e approfondire il caso.
Il riferimento esplicito è al caso Mose in cui Condotte d’Acqua e Grandi Lavori Fincosit sono state coinvolte facendo parte del Consorzio Venezia Nuova, il concessionario della progettazione ed esecuzione dell’opera. Il rappresentante di Condotte d’Acqua all’interno del Consorzio ai tempi della gestione Mazzacurati – Baita, era Stefano Tomarelli che ha patteggiato la pena di due anni e 700mila euro, mentre per Grandi Lavori Fincosit a pagare il conto, patteggiando la pena di due anni e 4 milioni di euro, è stato l’ex presidente Alessandro Mazzi.
La cordata italiana ha vinto l’appalto nell’ottobre di quest’anno per la costruzione del nuovo ponte lungo complessivamente 6 chilometri e mezzo che collegherà le isole di Zealand e di Falster sul Mar Baltico. La notizia del coinvolgimento delle due ditte nell’inchiesta veneziana sul Mose è stata data con grande evidenza nell’edizione online di venerdì 15 dicembre dal giornale Fagbladet del combattivo sindacato danese 3F.
Immediatamente sono seguite le reazioni politiche, in particolare degli esponenti del partito populista Danskfolkparti che ha chiesto al ministro dei trasporti e dei lavori pubblici Ole Birk Olesen un’audizione in camera di consiglio, una sorta di audizione parlamentare convocata ad hoc su richiesta dei deputati. La camera di consiglio si è tenuta già nella giornata di martedì.
L’elemento che ha più scandalizzato i danesi è che la notizia del coinvolgimento nello scandalo veneziano delle due ditte italiane non fosse stata data per tempo dalle autorità competenti. Il ministro Birk Olesen ha deciso di sospendere la firma del contratto d’appalto e di richiedere una relazione all’Avvocato di Stato che dovrà produrre le sue considerazioni – comprese la valutazione sulle conseguenze di una revooca della gara d’appalto – entro gennaio. Insomma il ministro ha rigirato la patata bollente. Per ora.
Anche se gli amministratori delle due società implicate nello scandalo Mose hanno patteggiato le loro responsabilità con la giustizia, la Procura ha avviato un procedimento per le otto principali aziende coinvolte nello scandalo Mose e nel maggio di quest’anno è stata formulata la richiesta di rinvio a giudizio a carico delle aziende, ai sensi della legge 231 del 2001 che ha introdotto la responsabilità delle società in sede penale per i comportamenti illeciti dei propri rappresentanti di vertice. E tra le società coinvolte troviamo la Grandi lavori Fincosit e la Società italiana per Condotte d’acqua di Roma e proprio a questo procedimento ancora in corso fa riferimento l’articolo del giornale del sindacato 3F.
La notizia della sospensione dell’appalto alle ditte italiane è al centro del dibattito pubblico in Danimarca. Non più tardi di cinque mesi fa il sindacato 3F aveva messo in luce le condizioni di lavoro all’interno del cantiere per la costruzione di un nuovo tratto della ferrovia ad Aarhus, la seconda città della Danimarca, gestito da ditte italiane, ed in particolare dalla Grande Costruzioni Ferroviarie di Roma che annoverava tra le ditte in subappalto la Nicofer controllata dalla famiglia Nicoscia e oggetto di un’interdittiva antimafia da parte della Prefettura di Verona.