Il premier approfitta del suo intervento di saluto all'equipaggio della Nave Etna per confermare quanto annunciato alla fine del vertice G5 di Sahel di La Celle-Saint-Cloud, vicino a Parigi. "Ora che Mosul è stata liberata - ha detto - ci sono le condizioni perché il nostro contributo diventi di consolidamento di quel Paese". Dei 1400 militari presenti in Iraq circa 500 saranno inviati nel Paese africano
L’aveva quasi annunciato il 13 dicembre scorso, alla fine del vertice G5 di Sahel di La Celle-Saint-Cloud, vicino a Parigi. Il premier Paolo Gentiloni, però, ha aspettato la vigilia di Natale per ufficializzare quella che sarà la prossima missione italiana: inviare militari in Niger. “Proporrò al Parlamento di inviare i nostri militari in Niger. L’Italia ha l’obiettivo di costruire dialogo, amicizia e pace nel Mediterraneo e nel mondo”, ha detto il presidente del consiglio, approfittando del suo intervento di saluto all’equipaggio della Nave Etna che opera nell’ambito dell’operazione Eunavfor Med Sophia.
Nonostante i vari attentati terroristici rivendicati dall’Isis che negli ultimi dodici mesi hanno Europa, secondo Gentiloni “il 2017 è stato l’anno della sconfitta militare del Daesh, che non controlla più un territorio come Stato. L’Italia svolge un ruolo fondamentale nella lotta al terrorismo. Ci siamo mossi fino al lontano Afghanistan per rispondere all’attacco più grave che l’Occidente subì circa 20 anni fa. In Iraq con 1400 militari siamo, dopo gli Stati Uniti, la seconda forza sul campo. L’obiettivo di sconfiggere Daesh militarmente è stato raggiunto con il contributo dell’Italia. Ora che Mosul è stata liberata, ci sono le condizioni perché il nostro contributo in Iraq diventi un contributo al consolidamento di quel Paese”. Quindi è proprio dal contingente di 1400 italiani presenti in Iraq che arriveranno i circa 500 militari da inviare in Africa, come spiega Giampiero Gramaglia sul Fatto Quotidiano. Il motivo di questa nuova missione militare? Sono almeno due.
“Il terrorismo è andato consolidandosi in questi anni nel Sahel, in Africa, ed è questo uno dei motivi per i quali una parte delle forze che sono state dispiegate in Iraq – questa è la proposta che il governo farà in Parlamento – saranno dispiegate nei prossimi mesi in Niger, con una missione che avrà il ruolo di consolidare quel Paese, contrastare il traffico degli esseri umani e contrastare il terrorismo“, ha spiegato Gentiloni parlando sempre dalla Nave Etna. A spingere il presidente del consiglio ad annunciare la missione africana, però, c’è anche altro. “Noi tuteliamo il nostro interesse nazionale e lo facciamo sempre in amicizia con gli altri paesi, mai in contrapposizione. Il compito dei nostri militari non è mai stato quello di trovarsi un nemico. Noi vogliamo costruire dialogo, amicizia e pace nel Mediterraneo e nel mondo”, sono le parole utilizzate dal premier per fare cenno all’impegno preso con il presidente della Francia, Emmanuel Macron, siglato proprio durante il G5 di Sahel di La Celle-Saint-Cloud.
Il numero uno dell’Eliseo sta trascorrendo la vigilia di Natale in Niger, insieme a centinaia di militari francesi impegnati in un’operazione contro gli jihadisti nel Sahel. Accolto a Niamey dal presidente nigerino Mahamadou Issoufou, Macron ha poi raggiunto la base di Barkhane, dove sono di stanza 500 uomini. L’anno prossimo potrebbe toccare al nuovo presidente del consiglio italiano dover andare a festeggiare il Natale in Africa. I militari italiani dovranno andare in Niger per addestrare le forze anti-terrorismo congiunte del G5 Sahel. Tutto questo, ovviamente, se il Parlamento darà il via libera alla missione e soprattutto decida di finanziarlo.
Il Niger, infatti, non è il più pacifico dei posti: è considerato terreno d’azione di gruppi affiliati ad al Qaeda e di formazioni che si richiamano all’Isis. Solo per rimanere alle ultime settimane, il 20 ottobre scorso almeno 13 militari nigerini sono rimasti uccisi in un attacco lanciato da un gruppo armato non identificato ad Ayorou, vicino al confine con il Mali. Il 10 ottobre, invece, il 5 soldati statunitensi erano caduti nell’agguato d’un commando di jihadisti, sempre al confine con il Mali – negli Usa, ci furono polemiche perché pochi sapevano dell’impegno militare e perché emersero lacune nell’intelligence.