Per don Marco Gasparini, docente di diritto canonico della diocesi di Vicenza, il "pacchetto" ricevuto dai fedeli di Castellanza (Varese) è dovuto ai pochi sacerdoti presenti "anche nelle diocesi più grandi del Nord Italia come, per esempio, in Lombardia"
“Benedizione fai da te? No, grazie”. È la risposta di alcuni fedeli del Varesotto che, in occasione del Natale, hanno ricevuto dai loro parroci un vero e proprio kit per darsi da soli la benedizione. In un sacchetto di plastica trasparente, infatti, hanno trovato un’ampollina di acqua benedetta, un lumino, un libretto con gli auguri dell’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, e l’immancabile busta per l’offerta natalizia. A ricevere il kit sono stati i parrocchiani della comunità pastorale dei santi Giulio e Bernardo di Castellanza guidata da quattro sacerdoti che, a differenza degli anni precedenti, in questo Natale non hanno visitato le case per benedire famiglie e presepi lasciando questo compito ai capifamiglia.
Uno degli ideatori, don Walter Magni, sul settimanale parrocchiale distribuito nelle due chiese cittadine, ha scritto che “per comprendere questa proposta si tenga presente il desiderio dei sacerdoti della comunità pastorale di raggiungere anzitutto le famiglie con bambini, senza dimenticare altre situazioni familiari, quali gli anziani e i single; invitando i genitori ad assumersi la responsabilità e la gioia di portare, all’interno della propria casa, la benedizione del Natale”.
La proposta, però, che sa anche molto di provocazione, sta facendo discutere. “Forse il parroco pensa che ci possiamo benedire guardandoci allo specchio”, è stato il commento di alcuni fedeli, per lo più persone sole e anziane. I quattro sacerdoti ci tengono a precisare che chi ne ha fatto richiesta, su appuntamento, è stato comunque raggiunto dalla tradizionale benedizione del parroco, in particolare gruppi numerosi, scuole e persone sole o in difficoltà. Fatto sta che questa iniziativa pastorale non è certo passata inosservata e ha suscitato diversi commenti tra favorevoli e oppositori.
Su questo punto il rito del benedizionale è chiarissimo precisando innanzitutto che la benedizione delle famiglie è una tradizione prettamente pasquale. È, infatti, proprio durante la liturgia della Veglia pasquale, nella notte del Sabato Santo, che viene benedetta l’acqua santa che sarà poi utilizzata per la benedizione di coloro che abitano nelle case del territorio della parrocchia. Nel Nord Italia, invece, è rimasta ancora in vita la tradizione della benedizione del presepe e con esso della famiglia che lo ha realizzato. Anche se si tratta soltanto di una consuetudine non molto diffusa nella Chiesa cattolica. “La benedizione pasquale – afferma il rito del benedizionale – è una tradizione preziosissima, che nessun sacerdote può prendersi la libertà di lasciar cadere. Al contrario, essa dovrebbe configurarsi il più possibile, sempre nel rispetto della sua essenziale natura di rito, in un vero incontro pastorale con la famiglia. Così, seguendo una prassi cara e antica i nostri sacerdoti entreranno in quasi tutte le case delle nostre parrocchie a portare la benedizione di Dio e il ricordo del battesimo con l’acqua, benedetta la notte di Pasqua”.
Don Salvatore Giuliano, parroco napoletano e docente di teologia dei sacramenti presso l’Università Regina Apostolorum di Roma, precisa che “l’idea dei parroci di Castellanza di fornire dei testi per la benedizione delle famiglie che aiutino la preghiera è sicuramente frutto di una delicata e premurosa attenzione pastorale di questi bravi sacerdoti che assieme al messaggio del vescovo, l’acqua benedetta e il segno del cero certamente intendono aiutare e stimolare la preghiera domestica. La benedizione è, infatti, un sacramentale che anche un fedele laico, come ricordatoci dal rito del benedizionale, può presiedere in diverse circostanze. Tuttavia il rito esprime in modo chiaro e preciso il dovere dei presbiteri a non trascurare questo loro dovere di benedire le famiglie, soprattutto nel tempo pasquale”.
Per don Giuliano, infatti, “durante la visita alle famiglie i sacerdoti possono favorire una migliore conoscenza tra il pastore e la propria gente. Hanno l’opportunità di costatare come accanto alle gioie vi siano anche tante croci e tante difficoltà, sia nella salute, sia nelle relazioni con le persone. La visita pasquale è occasione per un annuncio evangelico, per ravvivare esperienze di preghiera e di ascolto della parola di Dio, per sollecitare la collaborazione alla vita della comunità. La benedizione pasquale è anche un richiamo e un momento di riflessione comunitaria sul come viviamo insieme e su che cosa scegliamo per il futuro della comunità parrocchiale. È, altresì, un’occasione propizia per incontrare tutti, adulti, anziani e bambini e avere un reale polso della vita spirituale e concreta degli abitanti della parrocchia. Da parroco conosco la fatica di questa bella prassi, ma anche la necessità di lasciarla in essere per non far perdere il senso di famiglia alla comunità parrocchiale entrando nel cristianesimo fai da te”.
Per don Marco Gasparini, docente di diritto canonico della diocesi di Vicenza, “questa idea pastorale credo venga incontro a una penuria del clero che purtroppo si comincia a riscontrare anche nelle diocesi più grandi del Nord Italia come, per esempio, in Lombardia. La domanda legittima è: le benedizioni spettano solo al clero? Iniziative come questa possono incentivare il sacerdozio battesimale. La benedizione, infatti, non è un sacramento bensì un sacramentale. Il catechismo della Chiesa cattolica afferma che anche i laici possono dare le benedizioni, ma soltanto quelle che non sono connesse ai sacramenti, per esempio possono benedire il pasto. Con queste iniziative pastorali si incentivano i fedeli a prendere a cuore la loro fede. Voglio sottolineare anche la forte dimensione ecclesiale del kit fai da te perché al suo interno c’è anche uno scritto dell’arcivescovo di Milano e questo dimostra che l’iniziativa non è un’idea privata, ma ha una valenza ecclesiale”.
Twitter: @FrancescoGrana