“Non lasciateci soli ancora una volta”. È l’appello rivolto al presidente della Repubblica dai ragazzi del movimento Italiani senza cittadinanza. Dopo la mancata approvazione dello Ius soli, naufragato al Senato per la mancanza del numero legale, le ragazze e i ragazzi nati in Italia da genitori stranieri chiedono a Sergio Mattarella il rinvio dello scioglimento delle Camere, previsto il 28 dicembre, affinché si possa approvare la legge sulla cittadinanza.
Al Quirinale viene ricordato che il 27 dicembre di settant’anni fa veniva promulgata la Costituzione e “in una giornata così bella e fondamentale per le nostre vite e la nostra democrazia, è nostro dovere ricordarle come molte e molti noi – si legge nella lettera postata sulla pagina Facebook del movimento – abbiano imparato a conoscerla tra i banchi di scuola, imparandone i valori fondamentali di libertà, uguaglianza, pace e rispetto”.
E i ragazzi nati in Italia “senza un documento che lo possa testimoniare” ricordano a Mattarella di essersi “riconosciuti profondamente nei suoi valori, e in particolare nell’articolo 3, il cui secondo, magnifico comma, concepito dal padre costituente Lelio Basso, che recitando ‘È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese’, prospetta un orizzonte di riduzione delle diversità e di accesso ai diritti fra le varie componenti della Nazione e di progressivo ampliamento dei diritti e della platea degli aventi diritto come inscritto nell’intelaiatura profonda della Repubblica”.
Uno spirito, quest’ultimo, tradito il 23 dicembre in Aula, quando il centrodestra e il Movimento Cinque Stelle – oltre a 29 senatori del Pd – non si sono presentati “affondando” la discussione sullo Ius soli. “Caro Presidente, concorderà con noi che la Repubblica ha fallito nella rimozione di questi ‘ostacoli’, mantenendo di fatto una distinzione netta tra cittadini e non, basata su una concezione prettamente elitaria ed economica della cittadinanza”, scrivono. Poi l’appello: “Non lasci che questa battaglia, iniziata con le prime mobilitazioni della Rete Nazionale Antirazzista nel 1997, quando molti e molte di noi non erano ancora nati, cada in un nulla di fatto”, aggiungono. Talvolta, concludono i ragazzi nel loro appello, “le autorità di un Paese democratico sono chiamate dalla Storia a promuovere leggi che possono apparire divisive” ma “che in realtà sono necessarie a potenziare gli anticorpi e a creare argini contro la deriva di forze antidemocratiche e destabilizzanti”.