Sappiamo sempre più cose delle relazioni che non funzionano, ma conosciamo ancora troppo poco delle relazioni che invece funzionano. E’ una caratteristica abbastanza comune, nell’essere umano, quella di concentrarsi su quello che non va, anziché guardare a quello che, tutto sommato, procede bene. Toglieteci tutto, ma non la possibilità di lamentarci, a torto o a ragione non importa, qualcosa di cui dolersi si trova sempre, senza dover faticare troppo.
Sappiamo che saper riconoscere una relazione che non funziona è un processo che raramente è immediato, ci vuole tempo. Se una relazione funziona, dovrebbe essere dimostrato dal semplice starci, qualcuno potrebbe pensare, ma quanti si incaponiscono a stare insieme anche quando le cose non vanno, oppure vi rimangono per abitudine o paura della solitudine? Lo stare insieme non può essere considerato un buon parametro per sapere che la relazione va bene, dobbiamo considerare il come si sta, la qualità dell’essere in due.
Una relazione funziona se si sta bene, ma stare bene non significa non litigare, non arrabbiarsi, non fare degli sbagli, non avere idee diverse, il tutto però deve essere sentito, da ognuno dei due membri della coppia, come un qualcosa che non snatura se stessi, un qualcosa in cui è possibile un compromesso e non un annullamento dell’altro, di quello che prova e che pensa.
In una relazione in cui si sta bene si può paradossalmente permettersi di stare male, mentre in una relazione in cui si sta male non ci si può ormai più permettere di stare bene. Una relazione funziona quando non si avverte il bisogno di cambiare l’altro, questo si azzera in favore della possibilità più concreta e fattibile di cambiare me di fronte a lui, si comprende che si è l’unica persona su cui si ha una reale possibilità di intervento e può significare anche decidere di terminare il rapporto, si prende atto che non viene soddisfatto quello che si sta cercando.
Cosa posso cambiare di me per aiutare l’altro ad accorgersi maggiormente di quello di cui ho bisogno, senza che questo costituisca un tradire quello che sono e quello in cui credo? Fino a che punto posso spingermi in tale direzione, senza sentirne un peso eccessivo o provare impotenza? Non sono domande alle quali è possibile rispondere con la testa, bisogna sapersi leggere dentro senza troppi filtri. L’ammettere di stare male porta a un cambiamento, negarlo è accanimento terapeutico autoinflitto.
Ogni relazione è molto più della somma dei due singoli individui che la compongono e molto meno delle aspettative che la alimentano. Le relazioni, non solo quelle di coppia, sono il più potente fattore di cura che io conosca, ma al contempo anche ciò da cui si generano i nostri disagi più profondi. Una relazione è una delle possibilità che la vita mi dà di esprimere quel che sono, quel che sono può cambiare, ma quel che cambia non può essere diverso da quel che sono.
Vignetta di Pietro Vanessi