Il giorno dopo lo scioglimento delle Camere uno degli interrogativi maggiormente diffusi tra gli analisti è su come si orienterà il Vaticano. Quelle che si svolgeranno il 4 marzo 2018, infatti, saranno le prime elezioni politiche italiane sotto il pontificato di Papa Francesco. Sarà un vero e proprio “battesimo di fuoco” anche per la Conferenza Episcopale Italiana da poco rinnovata con al suo vertice il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, il 75enne Gualtiero Bassetti. Un uomo decisamente molto meno intenzionato a entrare a gamba tesa nel dibattito politico italiano rispetto ai suoi due diretti predecessori, i cardinali Angelo Bagnasco e Camillo Ruini.
L’incognita vaticana potrebbe pesare molto sul risultato delle elezioni, soprattutto in termini di governabilità. Ed è indubbio che le due sponde del Tevere, destinate ciclicamente ad avvicinarsi e ad allontanarsi in 70 anni di vita repubblicana, si scruteranno molto bene prima di costruire ponti solidi che agli occhi degli elettori potrebbero essere letti come esplicite indicazioni di voto. Il candidato premier dei 5 Stelle, Luigi Di Maio, è ben consapevole dell’apporto fondamentale che può ottenere da una “benedizione” del Vaticano. Lo ha già sperimentato nelle elezioni amministrative di Roma dove senza il voto determinante delle parrocchie Virginia Raggi non sarebbe stata eletta al Campidoglio.
Di Maio ha cercato recentemente un nuovo contatto con il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, quando entrambi si sono ritrovati occasionalmente a New York. Un incontro al quale il porporato non si è sottratto, anche se per incontrare Parolin a Di Maio sarebbe bastato semplicemente attraversare il Tevere e raggiungere il Palazzo Apostolico vaticano. Pochi metri che, paradossalmente, avrebbero tenuto l’incontro più riservato di quanto, invece, è avvenuto con la stretta di mano newyorkese. Ma è evidente che Di Maio voleva che fosse nota la sua volontà di aprire un dialogo costruttivo con il Vaticano.
Un tentativo voluto con maggiore forza dopo che Bergoglio, durante la sua visita pastorale a Genova, aveva tuonato che “l’obiettivo vero da raggiungere non è il ‘reddito per tutti’, ma il ‘lavoro per tutti’! Perché senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti”. Parole che, nella città di Beppe Grillo, erano suonate come una dura critica proprio ai 5 Stelle che nel loro programma elettorale propongono da tempo il cosiddetto “reddito di cittadinanza”. Una proposta molto simile al “reddito di dignità” di Silvio Berlusconi che i grillini hanno per questo motivo definito “una fotocopiatrice impazzita”.
Difficile pensare, però, che il Vaticano possa nuovamente rinnovare, almeno nelle sagrestie, il suo sostegno ai 5 Stelle, come è avvenuto durante le elezioni amministrative di Roma. A onor del vero bisogna ammettere che la Raggi è riuscita a mantenere, se non addirittura a intensificare, ottimi rapporti sia con Francesco che con il cardinale Parolin. Lo si è visto, per esempio, l’8 dicembre scorso a piazza di Spagna in occasione del tradizionale omaggio del Papa alla statua dell’Immacolata Concezione. Bergoglio le ha riservato sorrisi e una calorosa stretta di mano non certo formali. Così come la recente partecipazione della Raggi alla messa di Natale che il cardinale Parolin ha presieduto al Centro Italiano di Solidarietà don Mario Picchi è stato un segnale concreto di voler continuare a collaborare e a ridurre le distanze tra le due sponde del Tevere.
Non è sfuggita nemmeno la frequente presenza in Vaticano, negli ultimi mesi, del presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, verso il quale è molto alta la stima nei sacri palazzi. Stima ugualmente riservata al premier uscente, Paolo Gentiloni, e al ministero dell’Interno, Marco Minniti. Quest’ultimo, soprattutto in merito alla costante emergenza dei migranti, tema molto a cuore al Papa, ha ricevuto più volte la “benedizione” esplicita di Francesco che lo ha voluto incontrare riservatamente. L’ultima incognita, ancora difficilmente da sciogliere, è se il Vaticano tornerà a strizzare l’occhio a Berlusconi. È indubbio che sotto il pontificato di Benedetto XVI e con l’allora Segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, questo è avvenuto anche quando gli scandali morali e giudiziari sembravano aver distrutto per sempre la credibilità dell’ex cavaliere in Vaticano. Merito senz’altro anche di Gianni Letta, gentiluomo di Sua Santità, capace di costruire ponti solidi resistenti anche alle burrasche più violente.