Cronaca

Roma, le donne del ‘carcere bianco’ e il Capodanno davanti a Rebibbia: “La cosa più dura? La solitudine”

Com è la vita in carcere durante le feste? Come è la vita dei familiari dei detenuti? “Capodanno è uno dei giorni più pesanti per chi sta in carcere. Durante le feste i detenuti sanno più chiusi in cella, ci sono meno attività e i colloqui con i familiari si diradano – racconta  Michela del progetto Matricola XX – Per questo da molti anni il 31 dicembre Radio Ondarossa assieme ad altre associazioni organizza una passeggiata e una lenticchiata di fronte al carcere romano di Rebibbia per far sentire loro un la solidarietà dal mondo esterno”.

Durante la camminata attorno al carcere i detenuti salutano i manifestanti da lontano. In alcuni punti comunicano urlando con il corteo: slogan contro il carcere, auguri o a volte richieste di informazioni dall’esterno e saluti. “Siamo fermamente convinti che il carcere non sia riformabile – spiega Michela – il carcere andrebbe abolito. Non è demagogia, lo dicono molti giuristi che spiegano come questo possa essere fatto, già in Europa ci sono paesi come l’Olanda o la Norvegia in cui il carcere quasi non esiste e il paese funziona meglio. Anche solo facendo un’analisi dei dati: la recidiva in Italia è vicina all’70%, segno che il sistema non funziona”.

Da un anno assieme ad alcuni detenuti porta avanti un progetto di arte e carcere “Matricola 01030102”, un blog iniziato da un detenuto che si firma Edmond Dantès, come il Conte di Montecristo. “Parlare di carcere però non muove le coscienze – continua Michela – per questo usiamo il linguaggio dell’arte, della scrittura. I sentimenti di cui parla Matricola 01030102, il dolore, l’angoscia la nostalgia li viviamo tutti, sono universali”.

“Esiste un’altra forma di galera, il ‘carcere bianco’. Il carcere delle persone che non stanno ne’ dentro ne’ fuori, che hanno sempre un piede dentro e fuori subiscono angherie e emarginazione”. Da questa considerazione è nato il progetto “Matricola XX” per raccontare la condizione dei familiari dei detenuti che entrano ed escono dal carcere per prendersi cura dei propri cari. In schiacciante maggioranza sono donne, mogli, sorelle, madri, compagne di detenuti. “Quando abbiamo iniziato le donne non hanno fatto che dirci ‘grazie, grazie’. Per la prima volta potevano parlare di se’, condividere la loro condizione. Quello che schiaccia è soprattutto la solitudine”.